Quanto è difficile riprendere a scrivere dopo mesi in cui la testa è stata impegnata altrove. Pensi che sia una di quelle attività come andare in bicicletta o camminare, per le quali tutti ti dicono che una volta imparato non smetti più di saperlo fare, ma la realtà è ben diversa. Così come è ben diversa per camminare e pedalare. Se resti troppo tempo senza farlo, per un qualunque motivo, ricominciare sarà estremamente difficile. Non tanto perché smetti di saper mettere un piede davanti all’altro o in questo caso ti dimentichi come si formano le parole, ma perché nel corso del tempo si cambia e bisogna ristrutturare la nostra mappa mentale e/o corporea con il mondo che ci circonda che non sempre è lo stesso.
Quando quasi 10 anni fa ho iniziato a scrivere e parlare per Chiacchiere Letterarie ero una persona diversa, forse più idealista e sognatrice, ma anche meno consapevole delle mie capacità e dei miei limiti. Avevo più tempo a disposizione, ma anche meno capacità di sfruttarlo al meglio, ero felice in modo e per cose diverse. Tutto questo nell’ultimo periodo mi ha fatto pensare molto, sopratutto dopo aver letto Veronika decide di morire di Paulo Coelho. Era un libro che volevo leggere da tanto tempo, anche considerando i forti sentimenti che mi legano a questo libro per la persona che me lo fece conoscere proprio agli inizi del mio percorso con Chiacchiere Letterarie. Avevo però paura di leggerlo, di non essere capace di apprezzarlo e che questo potesse in qualche modo allontanarmi da quella persona. Non è andata così, il libro è stato un fulmine a ciel sereno e come mi era stato promesso mi ha aiutato a mettere al proprio posto tanti pezzettini che ancora non sapevano bene dove posizionarsi.
Cosa faresti se sapessi di dover morire tra una settimana?
Per Veronika la scelta non è così semplice, lei voleva morire, quindi l’attesa di quella settimana sembra solo una perdita di tempo. In più non aspetterà chiusa dentro casa in solitudine, ma dentro un ospedale psichiatrico in cui pazienti e personale sanitario la accompagneranno in profonde riflessioni sulla vita e sull’importanza della follia nella vita quotidiana.
In diverse parti mi è sembrato di leggere una rivistazione di Alice nel Paese delle Meraviglie, Veronika si lancia in un buco e ne uscirà in un paese di folli, lontano dalla sua realtà, in cui però quei folli sono in grado di insegnarle e trasmetterle più di quanto abbia mai fatto la banale normalità quotidiana. Siamo così tanto assuefatti a confondere il “normale” con ciò che è “socialmente accettato” da non renderci conto che la follia è una parte integrante di ogni percorso di crescita perché spesso quella follia è semplicemente il scegliere ciò che fa meglio per noi invece che ciò che va meglio per gli altri.
Quante volte hai messo da parte i tuoi desideri per seguire “la norma”?
Personalmente? Tante, troppe. Ero incastrata in ciò che sentivo di dover fare piuttosto che in ciò che volevo fare e per tanto tempo mi sono rifiutata di guardare in faccia la realtà. Stavo costruendo la vita che pensavo gli altri avrebbero voluto per me, non la vita che avrei voluto vivere davvero. Per riuscire ad uscire dal baratro nel quale stavo finendo mi è servita una brutta depressione, cosa che non auguro a nessuno, ma nel mio caso toccare il fondo è stato davvero ciò che mi è servito per risalire. In quel momento mi è stata detta una frase che ha cambiato il modo di vedere il mondo:
“non basta dare al pesce il miglior alimento possibile per farlo stare bene, anche l’ambiente deve adeguarsi al benessere che vuoi per il tuo pesce”
Non potevo pensare di stare meglio se non avessi cambiato l’ambiente nel quale mi stavo muovendo. I miei comportamenti mi stavano facendo annaspare, volevo davvero continuare a perdere tempo su una strada che non mi stava portando da nessuna parte?
I cambiamenti fanno sempre paura
Quando qualuno espone un desiderio, o un obiettivo da raggiungere va molto di moda dire “guarda che è un cambiamento enorme”, associando l’idea di cambiamento a quella di difficoltà e negatività. Come se fossimo dei treni che non devono uscire dai binari se non vogliono gravi ritorsioni. La verità secondo me è che il cambiamento ci rende vivi, sia che questo cambiamento significhi lasciare tutto e partire, sia che voglia dire cambiare a 30 anni i sogni di vita perché quelli che avevamo sin da bambin non rispondono più a ciò che siamo diventati. Crescere vuol dire cambiare, anche se non ci rendiamo conto di farlo. Averne paura significa accettare passivamente il cambiamento, senza la forza di essere attori protagonisti della propria storia.