Buon martedì, miei cari lettori!
Qui la serata scorre con una certa eccitazione, perché abbiamo il piacere di ospitare un Review Party, ovvero un evento di celebrazione per l’uscita di un nuovo titolo in libreria.
Eccitazione perché il nostro speciale festeggiato è Figli di Ossa e Sangue di Tomi Adeyemi, primo volume di una trilogia young adult in uscita oggi per Rizzoli, e che da marzo sta conquistando i lettori di tutto il mondo (piccolo spoiler, anche la sottoscritta ne è rimasta parecchio colpita :P)
Ispirato alla mitologia africana, Figli di Ossa e Sangue vede una giovane combattente e indovina impegnata in un viaggio in cerca della magia e del riscatto per i suoi simili, sfruttati e perseguitati dalla famiglia reggente.
Prima di entrare nel vivo del romanzo però, mi preme dirvi che in quanto evento, questa recensione è collegata a quelle delle altre blogger che oggi ospitano il romanzo di Tomi Adeyemi, e dunque oltre alla mia troverete altre sei opinioni, riassunte per comodità nell’immagine qui in alto e in fondo all’articolo.
Inoltre, ognuna di noi ha risposto ad alcune domande personali riguardo al libro, che troverete incrociate nelle varie tappe (le mie, ad esempio, saranno accolte da Libri e Altri Disatri, e qui in fondo alla recensione potete scoprire come ha risposto la Lettrice al Contrario).
Quindi mi raccomando, passate a trovare le altre ragazze e scoprite cosa ne hanno pensato di questo nuovo romanzo e come hanno risposto alle domande, perché sarà notevolmente interessante!
Ma ora miei cari lettori, mettiamo finalmente da parte i convenevoli, e cominciamo sul serio questa recensione.
Forse qualcuno tra voi lo troverà superficiale, e forse qualcuno griderà un pelo allo scandalo letterario, ma non posso non ammettere che se oggi siamo qui, a parlare in anteprima di Figli di Sangue e Ossa, lo dobbiamo principalmente alla sua meravigliosa copertina.
Ebbene sì, mi costituisco, ammetto di essere rimasta letteralmente affascinata da questa stupenda illustrazione , e quando ho ricevuto il comunicato stampa di uscita del romanzo mi sono trovata quasi subito a reperire più informazioni possibili sulla saga e sulla sua autrice, finché non ho avuto il avere il piacere di prendere parte a questo evento.
Sono però lieta di poter dire che le alte aspettative suscitate dalla copertia e dalle recensioni della community americana sono state quasi (segnatevi questa parola, dopo ci torneremo) tutte soddisfatte, e che in Figli di Ossa e Sangue ho trovato una lettura coinvolgente e decisamente stimolante, proprio come facevano pensare le premesse.
Credo che buona parte del piacere provato tra le pagine del romanzo della Adeyemi dipenda dalla scelta di utilizzare la mitologia dell’Africa occidentale come base a un racconto fantasy, fondendo divinità e culti reali con il fascino della magia abituale nel genere. Una fusione riuscita alla grande, se consideriamo che ambientazione e cultura del mondo di Orïsha appaiono fin da subito i cardini del racconto, e costituiscono non solo il vero e proprio motore dell’azione, ma anche l’elemento che si desidera approfondire maggiormente man mano che si prosegue con la lettura.
Orïsha è infatti una terra di leggende e magia, nella quale si intrecciano ricordi di poteri perduti e racconti di divinità benevole e fraterne, e l’autrice è brava a tratteggiare il suo mondo attraverso questo filtro di fascino antico e mistero. L’impressione donata al lettore è proprio quella di star leggendo una fiaba, un racconto popolare che potrebbe venir raccontato da una madre al suo piccolo prima di andare a dormire.
Una storia della buona notte nella quale bene e male si rincorrono e si scontrano, creado un’avventura che si nutre di sogni e li alimenta.
Ovviamente questa è un’impressione generale, e sono tante le parti di Figli di Ossa e Sangue che svincolano dall’idea di racconto tradizionale, eppure questa sua essenza rende il romanzo particolare e decisamente affascinante, ed è anche ciò che mi ha permesso di apprezzarne maggiormente la lettura.
Ad aumentare questo interesse già vivo, è intervenuto il sottotesto politico trasmesso dalla Adeyemi, che richiede un piccolo escursus sulla trama per poter essere compreso.
Nella terra di Orïsha convivono due razze principali: k’osidán e maji, comuni mortali dalla pelle chiara i primi, e detentori della magia divina e dalla pelle scura i secondi.
Parte dei maji, detti indovini, è stata in grado in passato di incanalare le forze naturali per tradurle in evocazioni, differenti tra loro e tutte dipendenti da una divinità comune, divisa poi in più entità minori.
Sul trono di Orïsha oggi siede però un k’osidán che dei maji ha sempre e solo visto il lato selvaggio, pericoloso, quasi crudele: poteri magici incontrollabili, sopprusi, e il rischio di rimanere travolti e uccisi da una forza al di là della portata di qualunque k’osidán. Così, il re ha votato la sua esistenza all’intento di distruggere ogni forma di magia, perseguitando nel corso degli anni tutti gli indovini, torturando e trucidando chiunque tentasse di ostacolarlo, e riuscendo infine a relegare i maji al ruolo di schiavi, sfruttati e banditi dalla vita comune del paese.
Come vedete è facile notare i punti di contatto tra la situazione dei maji e quella della popolazione afro-americana nell’epoca del colonialismo, e diventa ancora più evidente tale legame quando ci si inoltra all’interno della storia e si comincia a viaggiare al fianco di Zél, giovane indovina determinata a riscattare il suo popolo e a liberarlo dal giogo dei k’osidán. Attraverso i suoi occhi vediamo come la pretesa di supremazia di un popolo, di una razza e di una cultura trovino nella paura un’arma, e un modo per perseguitare l’altro, il diverso, l’estraneo. E così, la ricerca della giovane indovina e dei suoi inaspettati compagni si rivela l’occasione per gridare con grazia contro le ingiustizie, per mostrare con sapienza quanto sia più semplice empatizzare, comprendere e sostenere una causa quando si conoscono i volti, i nomi e le emozioni di coloro che la vivono in prima persona.
Leggende, cultura africana e un sottotesto contro il razzismo e la discriminazione della popolazione afro-americana sono dunque gli elementi più evidenti in Figli di Ossa e Sangue, e si percepisce chiaramente l’intento dell’autrice di mandare un messaggio, oltre che di narrare un’avventura fantasy. Eppure, benché si percepisca con forza tale volontà, la storia scorre in modo fluido e piacevole, sostenuta risvolti di trama interessanti e da un’ottima gestione della magia e delle razze fantastiche, senza che l’intento educativo e di denucia risulti mai pesante o eccessivo.
Gran parte del merito è dei i personaggi, un buon intreccio di personalità tutte diverse che donano spessore al racconto e aiutano il lettore a comprendere la mentalità degli abitanti del mondo di Orïsha; oltre a Zél, giovane temeraria e un pelo avventata che incarna l’anima dei pochi indovini sopravvissuti al massacro e bramosi di riavere la magia, nel corso della lettura abbiamo modo di approfondire cosa significhi essere un maji privo di poteri, attraverso gli occhi di Tzain, il suo fratello e compagno di avventure; e soprattutto tocchiamo con mano quanto sia complesso crescere con la mentalità k’osidán e accorgersi a un tratto di quanto sia sbagliata, e fare dunque di tutto per cercare di mutare radicalmente le proprie convinzioni. In questo, la giovane principessa Amani è un simbolo, l’emblema di coloro che combattono anche quando la causa non li riguarda personalmente, solo perché sanno, nel profondo del loro cuore, che è giusta e legittima. Una scintilla di speranza dunque, in uno scenario che spesso si mostra non troppo distante da certe derive discriminatorie ancora presente nel nostro mondo.
Ma, e qui vengono i ma, come vi dicevo poc’anzi non tutto in Figli di Ossa e Sangue mi ha convinta, e durante la lettura ci sono state quelle due o tre cosette che mi hanno portata invariabilmente ad arricciare il naso. In primis e forse più pesante di tutti, il fatto che questo romanzo tenda spesso a ricadere nel cliché dello YA, con situazioni fin troppo trite e ritrite nella narrativa fantasy per ragazzi: amori che nascono ed esplodono all’improvviso in modo poco probabile, e spesso al limite dell’assurdo, ma soprattutto una quasi totale assenza di figure adulte, che sostengano e rendano plausibile il viaggio e la lotta degli adolescenti coinvolti.
Benché appunto si tratti di elementi ormai comuni nel genere, faccio sempre fatica a digerirli, specie se mi rendo conto di quanto poco sarebbe bastato per rendere il romanzo realistico e plausibile in ogni suo aspetto (il sostegno di un personaggio secondario adulto e saggio al momento giusto, ad esempio, o una storia d’amore più graduale e naturale).
Inoltre, e qui però entriamo in pieno nel campo personale, ho trovato lo stile di Tomi Adeyemi un pelo scontato, e semplicistico. Molto fa il fatto che si tratti di un’autrice al suo debutto, e per giunta di giovanissima età, eppure si tratta di scelte stilistiche che personalmente non apprezzo, costituita da frasi estremamente brevi e immediate, da una prima persona presente usata quasi totalmente per esplorare la psicologia dei protagonisti e molto poco per dare spessore all’ambiente esterno, e soprattutto dalla quasi totale assenza di descrizioni ad ampio respiro di ambienti e situazioni. Vero è però che in Figli di Ossa e Sangue tutti questi elementi sono saggiamente mitigati dall’approfondimento sulla magia e sulla cultura del mondo, cosa che ha reso in ogni caso piacevole la lettura e mi ha permesso di concentrarmi meno su ciò che apprezzavo poco.
Tirando dunque le somme di questa recensione, posso dirvi con sicurezza che se cercate un fantasy affascinante, ricco di magia e con dei personaggi interessanti da scoprire, Figli di Ossa e Sangue è una valida lettura, che sarà in grado di regalarvi diverse ore (perché piccolo non è) di un mondo non troppo distante dal nostro, benché osservato attraverso lo specchio del fantastico.
Ebbene, cari lettori, la nostra tappa si conclude qui, ma l’evento non è ancora terminato!
In chiusura al post trovate riassunti tutti i blog partecipanti, insieme alle risposte alle domande della Lettrice al Contrario.
Tutti i dati sul romanzo sono inoltre riassunti qui sotto, con il nostro link da affiliate se vi può far piacere aiutarci con il blog (Amazon ci donerà una piccola percentuale sul vostro eventuale acquisto, ma per voi il prezzo rimarrà ovviamente lo stesso.)
Io per il momento vi saluto, e vi auguro come sempre buone letture!
Le risposte della Lettrice al Contrario (se la sua recensione vi incuriosisce, cliccate sul nome e andrete automaticamente al suo sito)
Quale Maji ti piacerebbe essere?
Tutti i Maji mi hanno affascinata ma quello che mi ha incuriosito maggiormente è il Connettore. Da sempre tutto ciò che è legato alla mente e all’ononirico mi attrae , poi nello sviluppo della trama si incontra spesso ed è descritto in modo Conturbante che non potevo cadere vittima del suo incantesimo.
-In quale villaggio ti piacerebbe vivere?
Questa è veramente facile, Illorin per essere circondata dal mare una delle mie più grandi passioni
Qual è il tuo personaggio preferito? Qual è quello in cui ti sei ritrovata di più e quello più distante?
Comincio col dire che tutti personaggi sono ben costruiti.
Quello preferito sarà banale ma è Zélie per la sua tenacia e testardaggine e per questo è anche quella in cui mi ritrovo maggiormente
Inan invece è troppo ambiguo e controverso per andare d’accordo con un’empatica come me.
Quale secondario ti ha colpito di più?
Facile Mama Agba per il suo ruolo iniziale di connessione tra il ricordo delle Radici e installatrice di speranza.
Titolo: Figli di Ossa e Sangue
Autrice: Tomi Adeyemi
Editore: Rizzoli
Pagine: 552
Data di Uscita: 2 Ottobre 2018
Prezzo: 18€
Trama:
Un tempo i maji, dalla pelle d’ebano e i capelli candidi, erano una stirpe venerata nelle lussureggianti terre di Orisha. Ma non appena il loro legame con gli dei si spezzò e la magia scomparve, lo spietato re Saran ne approfittò per trucidarli. Zélie, che non dimentica la notte in cui vide le guardie di palazzo impiccare sua madre a un albero del giardino, ora sente giunto il momento di rivendicare l’eredità degli antenati. Al suo fianco c’è il fratello Tzain, pronto a tutto pur di proteggerla, e quando la loro strada incrocia quella dei figli del re si produce una strana alchimia tra loro. Ha inizio così un viaggio epico per cercare di riconquistare la magia, traverso una terra stupefacente e pericolosa, dove si aggirano le leopardere delle nevi e dove gli spiriti vendicatori sono in agguato nell’acqua. Un’esperienza umana che non risparmia nessuno, in un turbine di amore e tradimento, violenza e coraggio. Nella speranza di ridare voce a un popolo che era stato messo a tacere. Età di lettura: da 12 anni.