Buon pomeriggio Chiacchieroni!
Scusate per il silenzio stampa di quest’ultima settimana, come al solito quando entro in sessione esami vengo travolta dalla modalità “studio intensivo ed esclusivo” e non riesco più a destreggiarmi con gli altri elementi che normalmente caratterizzano le mie giornate, come ad esempio il blog. In realtà non sono propriamente uscita dal circolo doloroso pre-esame, visto che ho uno scritto domani, ma come l’ultima volta – nella sessione di giugno – il giorno prima dell’esame trovo incredibilmente rilassante staccare la mente qualche minuto per tornare a parlare sul blog, come una piccola valvola di sfogo necessaria per caricarmi appieno.
Oggi quindi mi sono ritagliata questo momento del dopopranzo per parlarvi di una delle recenti letture a fumetti (la salvezza in sessione, visto che di leggere romanzi proprio non se ne parla); in realtà non si tratta proprio di una lettura leggera, visto che parliamo di Persepolis di Marjane Satrapi, l’autobiografia di una ragazza nata e cresciuta in Iran durante la rivoluzione contro lo Shah. La storia percorre circa tredici anni di vita della Satrapi, una vita vissuta in parte nel clima oppressivo e poco libertario del suo paese d’origine, prima soggetto ad una rivoluzione a carattere fondamentalista e poi teatro di una violenta guerra contro l’Iraq, e in parte trascorsa in Europa, dove ha sperimentato tutti i lati peggiori dell’immigrazione. Da bambina ad adolescente, e poi a donna adulta, la vita di Marjane è stata costellata di violenza, repressione, sofferenza ma anche calore familiare, lotta per la libertà e tanta tanta speranza.
Sono arrivata a Persepolis grazie ad un amico appassionato e collezionista di fumetti, che dopo avermi incuriosita mi ha prestato il suo volume, che racchiude tutte e quattro le parti in cui è uscito il fumetto nella sua versione originale. In realtà però, per quanto il tema in sé potrebbe essere molto interessante, non sono riuscita ad apprezzare Persepolis come avrei voluto; in primo luogo, hanno influito molto in negativo i disegni e il tratto scelto dall’autrice: il fumetto è disegnato con uno stile molto semplice, forse fin troppo, con un tratto quasi bambinesco e poco dettagliato; niente differenze tra luci e ombre, poche espressioni facciali complesse, ambienti marginali e sempre di sottofondo, con la sola funzione di incorniciare i personaggi in primo piano; insomma, uno stile minimale con lo scopo forse di lasciare spazio alla narrazione e alla storia, senza esigere attenzione ed importanza. Il problema è che, a mio avviso, il disegno dovrebbe essere la parte centrale di un’opera a fumetti, visto che se si vuole narrare soprattutto a parole si può ricorrere ad un romanzo corredato al massimo di illustrazioni. Se però si sceglie il mezzo del fumetto, allora si dovrebbe sapere che un potenziale lettore si aspetterà, sfogliandolo, di farsi catturare non solo dai testi, ma anche e soprattutto dalla bellezza e profondità delle vignette.
Nonostante il disegno abbia influenzato moltissimo la mia valutazione dell’opera, non credo che questo sia il vero problema, la motivazione più forte per cui non ritengo Persepolis un capolavoro; infatti, sebbene come dicevo il tema narrato sia interessante e offra molti spunti di riflessione, il lavoro della Satrapi manca a mio avviso di profondità e di spessore critico: il vero focus dell’opera infatti non è la guerra, non sono le repressioni, la violenza, il razzismo e qualsiasi altro elemento esterno, quanto lo è la vita personale dell’autrice, lo sono i suoi pensieri, le sue emozioni e le sue difficoltà. Persepolis è un’autobiografia incentrata totalmente sul soggetto, che narra lo scenario relegandolo a questo scopo, lasciandogli poco spazio, quel tanto che basta a giustificare le scelte di vita e i pensieri. In ogni parte della vita narrata, gli eventi esterni si susseguono in maniera quasi eterea, appaiono ai lati di una vignetta, sono raccontati da qualche dialogo tra personaggi secondari e così via; se diventano centrali nella narrazione, lo fanno perché influenzano direttamente Satrapi, la spingono ad una data azione, le impediscono di compierne un’altra.
Non posso considerare però quest’ultimo elemento un vero e proprio difetto di Persepolis; se infatti i disegni sono parte essenziale ed imprescindibile, e quindi entrano direttamente nella critica all’opera, la scelta di narrare in maniera più personale ed introspettiva resta a mio avviso solo giudicabile in base ai gusti personali. D’altronde parliamo sempre di un’autobiografia, quindi il lettore è già di base informato del fatto che sta leggendo una versione soggettiva e poco obbiettiva dei fatti narrati. C’è chi apprezza molto questa scelta, e chi invece, come la sottoscritta, la troverà stretta e un po’ limitante. Come si suol dire, de gustibus…
Concludendo, Persepolis è un fumetto interessante ma non eccellente, un buono spunto per chi desidera conoscere la vita comune delle ragazze nell’Iran della rivoluzione, raccontata da una persona che l’ha vissuta sulla propria pelle; un buon punto di partenza per approfondire poi in seguito con altri mezzi l’argomento nel caso si voglia uno sguardo più completo e ricco della situazione dell’Iran degli anni ’80 e dei giorni nostri.
L’autrice e l’opera
Marjane Satrapi è nata nel 1969, di Rasht, sulle rive del Mar Caspio, Iran. È un po’ azera, un po’ turcomanna, un po’ musulmana, un po’ zoroastriana, è cresciuta a Teheran, a Vienna, a Strasburgo, e a Parigi dove ha incontrato David B. che l’ha spinta a raccontare a fumetti la sua vita e quella della sua famiglia. Questo volume raccoglie in edizione integrale i quattro episodi della serie “Persepolis”, uno spaccato autobiografico che descrive infanzia e adolescenza dell’autrice iraniana più acclamata del momento. Racconta la storuia della sua famiglia e di lei quando era bambina a Teheran, ai tempi dello Scià e poi dell’inflessibile regime integralista di Khomeini e degli ayatollah. Poi le violenze dei pasdaran, gli oppositori eliminati, le donne aggredite perché portavano i jeans, l’occupazione dell’ambasciata statunitense, la guerra con l’Iran di Saddam Hussein. Nel 1984 Marjane Satrapi è stata costretta a lasciare il suo paese, “perché parlavo troppo, dicevano preoccupati i miei genitori”. Un esempio di una tendenza nel fumetto internazionale: la storia, l’impegno civile, temi sociali e reportage giornalistici attraverso le strisce disegnate. E spesso sono opere di “signore con la matita”.