Nuovo appuntamento con le letture del gruppo di lettura Pickwick, il circolo di lettori appassionati che si riunisce ogni mese a Pisa per raccontare le impressioni e le opinioni sull’ultima lettura comune.
Questo mese è la volta de L’arminuta di Donatella di Pietrantonio, libro che personalmente tenevo sott’occhio da diverso tempo e che, come sempre, il Pickwick mi ha dato finalmente modo e occasione di leggere.
Ci troviamo nell’Abruzzo di fine anni 70, al fianco dell’Arminuta o la Ritornata, una giovane ragazza che rientra nella sua famiglia di origine dopo aver vissuto più di un decennio presso quella che aveva sempre ritenuto la sua vera e unica famiglia. Una fill’e anima, come diremmo noi sardi, una piccola nata in una famiglia troppo numerosa per accoglierla nel modo corretto e affidata a chi poteva prendersi davvero cura di lei.
Il rientro della giovane protagonista è ruvido e brutale, così come lo è la realtà che l’ha colta quasi all’improvviso; coloro che era abituata a chiamare “mamma” e “papà” diventano improvvisamente dei parenti alla lontana, destinati a esser visti solo raramente, e i veri genitori si presentano ben diversi da quelli con i quali era cresciuta.
Nessun spiegazione, nessuna carezza che allievi questo doloroso distacco, solo una valigia carica di vestiti nuovi e i ricordi a fare da compagni.
L’Arminuta deve combattere per ritagliarsi la sua posizione nella nuova-vecchia famiglia, per riprendere contatto con una realtà che non ha mai conosciuto se non per pochi mesi della sua esistenza e soprattutto per venire a patti con la verità dietro la sua restituzione.
Al suo fianco, una sorella appena riscoperta, capace di addolcire una nuova vita altrimenti amara e di farsi largo, pian piano, nel suo cuore e nei suoi pensieri.
L’Arminuta è una storia ruvida e dolorosa, spiccia come è spiccio il linguaggio con il quale è narrata. Brutale quasi, eppure capace di una dolcezza fatta di piccoli gesti e piccole frasi, di una carezza che pare quasi uno scappellotto e di un sorriso offerto quando non si ha nient’altro da donare.
L’Abruzzo raccontato dalla Di Pietrantonio è uno stridente miscuglio di due realtà; da un lato, quella delle case al mare, delle lezioni di danza e delle feste con le amiche e, dall’altro, quello della raccolta delle fave nei campi, delle corse pazze in motorino per evitare la polizia e del lento e soffocante scorrere di una vita monotona e sempre uguale, nella quale l’unico punto fisso è il desiderio di continuare a sopravvivere.
L’Arminuta un romanzo di formazione che parla di famiglia e di povertà, di legami e verità, ma è anche la storia di una terra che ha visto in modo così nitido questa distinzione sociale. È la realtà che si apre davanti agli occhi di chi ha sempre vissuto da privilegiato e improvvisamente viene catapultato in una casa minuscola con una cucina strapiena di fratelli litiganti e un letto diviso in due che sa di ammoniaca e sorellanza.
Trama:
Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con “L’Arminuta” fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per «l’Arminuta» (la ritornata), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita.
La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi. L’accettazione di un doppio abbandono è possibile solo tornando alla fonte a se stessi. Donatella Di Pietrantonio conosce le parole per dirlo, e affronta il tema della maternità, della responsabilità e della cura, da una prospettiva originale e con una rara intensità espressiva. Le basta dare ascolto alla sua terra, a quell’Abruzzo poco conosciuto, ruvido e aspro, che improvvisamente si accende col riflesso del mare.