Qualche nota personale…
Le prime volte che ti approcci a un autore nuovo, la lettura procede con cautela, quasi con diffidenza; non sai ancora cosa aspettarti dal suo stile, non sai se sarà in grado di catturarti, emozionarti, o al contrario se ti trasmetterà noia e scarsa voglia di procedere oltre.
Per questo ti muovi piano tra le pagine, leggi nascosto dietro un guscio sicuro, che fai calare a poco a poco solo se la persona che hai davanti è in grado di toccare le corde giuste del tuo animo di lettore.
Tutt’altra cosa accade quando ritorni a una nuova opera di un autore che ormai hai imparato ad amare; in quel caso, la lettura inizia carica di aspettativa, le pagine scorrono con frenesia, alla ricerca di quel quid, quel dettaglio che sai di trovare solo nelle sue opere. Leggi cercando ancora una volta quell’elemento caratteristico che al primo incontro con l’autore ha scavato il guscio di diffidenza con il quale hai cominiciato la lettura, e se non lo trovi, allora la frenesia muta in delusione, e il processo di diffidenza riparte all’opera successiva dello stesso.
Questo non è ovviamente un processo universale, ma è in sintesi ciò che, mi rendo conto, caratterizza il mio essere lettrice; il mio guscio di diffidenza è spesso, temprato da un gran numero di letture sbagliate e di delusioni, eppure ci sono quegli autori che con il tempo sono stati in grado di ricavarsi il loro accesso privileggiato per raggiungermi dietro gli strati protettivi, e che negli anni, hanno messo da parte ogni possibilità di diffidenza o delusione.
Cristina Caboni è indubbiamente una di questi autori.
Il suo ingresso nel mio mondo letterario è avvenuto per caso, attraverso un romanzo che ha incrociato la mia strada una mattina invernale di qualche anno fa, e che in un primo momento aveva solo lanciato un’esca alla mia curiosità. Il velo di diffidenza con Il sentiero dei profumi però si è dissolto rapidamente, e sono bastate pochissime pagine perché questa autrice riuscisse a trovare la via per parlare a quella parte sensibile della lettrice che sono. Il suo stile diretto, quasi frammentato eppure dolce e morbido è stato la chiave giusta per quella nicchia che il libro si è ricavato dentro di me, ma nulla avrebbe potuto se l’argomento centrale, i profumi, l’essenza stessa della vita e dell’esistenza, non avesse creato la porta giusta in quel guscio.
I due romanzi successivi, La custode del miele e delle api e Il giardino dei segreti, hanno avuto sempre meno ostacoli da superare, e sono corsi indisturbati raggiungendo il mio immaginario, insidiandosi e contribuendo ad arricchire quel mondo letterario che mi caratterizza, sia come lettrice, che come apprendista scrittrice.
In breve tempo, la Caboni è diventata un riferimento, una panoramica su un mondo fatto di profumi, di amore per la natura, di crescita, di riscoperta di sé e di sentimento. Il timore di non ritrovare le stesse emozioni di libro in libro è scemato, sostituito dal desiderio di conoscere un altro aspetto, un altro elemento del mondo intenso nel quale sembra vivere questa autrice.
Così, quando ho appreso dell’uscita del nuovo volume, non ho potuto resistere alla tentazione di richiederlo per una recensione alla casa editrice; e l’ho fatto nonostante fino a poco tempo prima fossi bloccata, stretta in un periodo non esattamente felice dal punto di vista delle letture, un momento che ha segnato profondamente la mia voglia di leggere e di immergermi in nuove storie.
O forse, è proprio questo il motivo per cui ho scelto di riaffidarmi alle sue parole.
Forse una parte di me, inconscia e astuta, ha intuito che la Caboni avrebbe avuto quella presa della quale avevo bisogno per riprendere contatto con la lettrice che in me, tirandola fuori dal cantuccio buio nel quale era sprofondata.
Consapevole o meno di questo esito, la scelta è stata una delle migliori che potessi fare.
La rilegatrice di storie perdute si è rivelato esattamente il romanzo di cui avevo bisogno, la tonalità giusta in cui far risuonare quelle corde spente e scordate che mi trascinavo dietro da tempo.
È questo il motivo per cui questa non può essere una recensione normale, la ragione che mi ha spinta a iniziarla con delle note così personali.
Perché quando un romanzo riesce a tenerti nelle sue spire per ore, e questo accade per la prima volta dopo mesi di letture spizzicate, frammentate, abbandonate, allora non può che meritare una riflessione più profonda e personale.
D’altronde, qualunque recensore, professionista o amatoriale come la sottoscritta, è in partenza un lettore, e il suo sguardo sarà sempre condizionato da questa verità.
Il romanzo
Ma per quelli di voi che sono giunti fino a questa recensione per avere un’idea, dei dettagli sul romanzo di Cristina Caboni, direi che è giunto il momento di abbandonare quelle note così personali per raccontarvi ciò che troverete nella nuova opera di questa autrice.
Dopo i profumi, il miele e i fiori, la Caboni sceglie di parlarci di un’altra delle sue passioni, ovvero i libri. Lo fa però mettendo in secondo piano l’aspetto più filosofico, immaginifico dei nostri compagni di vita, per soffermarsi su quello più pratico eppure altrettanto romantico.
La protagonista della nostra storia, Sofia, è stata una legatrice, ha studiato come rendere l’oggetto libro più di un semplice contenitore di storie, ma una storia a sua volta, un mondo di eleganza, raffinatezza e ingegno.
La stessa passione ha caratterizzato Clarice, donna vissuta nell’ottocento il cui animo si è votato proprio all’arte della legatoria e attraverso il quale ha trovato il modo di esprimersi e di cantare.
Sono due donne ben diverse le protagoniste di questa storia, eppure un libro riesce a legarle, indissolubilmente; dal momento in cui Sofia trova una letta di Clarice nella controguardia di un’antica edizione, la sua vita assume una piega inaspettata, mentre le parole della donna ottocentesca la avviano verso una maturazione che mai si sarebbe aspettata di iniziare.
Clarice parla attraverso Sofia, e inconsapevolmente in lei trova il modo di raccontare una storia rimasta segreta per secoli, in attesa della voce giusta che la tramandasse.
Così le vite delle due donne si intrecciano, mentre la Caboni ci porta dalla Roma contemporanea a una Vienna dei primi dell’ottocento, e pian piano Clarice e Sofia si svelano ai nostri occhi, diventando non solo compagne ma anch’esse portatrici di tematiche e pensieri che la stessa autrice vuole trasmettere.
Libertà, parità, possibilità di scegliere chi siamo, amore e fratellanza, sono i temi caldi de La rilegatrice di storie perdute e sono racchiusi, filtrati in ogni gesto delle due protagoniste e di coloro che le circondano: sono gridati a gran voce nel matrimonio finito di Sofia, nel destino duro e ingiusto di Clarice.
E i libri sono i portatori di queste voci, le canalizzano, le purificano, elevandosi a trattati come quelli scritti da Christian Fohr, capaci di influenzare le vite di coloro che li leggono, di ergersi a riferimento quando ogni altro punto fermo vacilla nelle nostre vite.
La rilegatrice di storie perdute fa proprio questo: prende quelle voci, le storie di due donne che rappresentano un’infinità di altre esistenze, e le eleva a esempio, a spinta e incentivo. Sembra quasi voler dire al lettore “Vedi? Nulla è perduto finché ci sei, nulla è impossibile finché mantieni te stesso e credi nella forza delle tue convinzioni”.
E lo fa fluendo con leggerezza, insinuandosi con dolcezza, senza inutili fronzoli e orpelli, raccontando due storie che sono tante storie, e incontrando il lettore proprio grazie all’universalità del suo canto.
Questo a mio avviso è, ed è stato fin dall’inizio il talento di questa autrice, ciò che le ha permesso di arrivare a quella nicchia che custodisco con tanta cura e dedizione. La sua voce è calda, familiare, leggera; non si erge a insegnamento, non pretende di essere ascoltata, ma ti parla con dolcezza, con calore e tu lettore non puoi che accoglierla proprio perché la senti vicina, amica.
Ciò che racconta è amore, in tutte le forme in cui lo si può immaginare: nella riscoperta di sé, nella custodia della natura o ancora, nell’intensità della famiglia, nei legami di sangue e anima e ancora nella cura delle storie e dei loro vettori. È amore cantato con forza eppure sussurrato con semplicità, e in ogni forma in cui si presenta è in grado di arriva a chi sta leggendo in tutta la sua armonia.
La rilegatrice di storie perdute, nonostante la tematica così diversa dai precedenti romanzi, è un nuovo tassello del messaggio costruito da Cristina Caboni. Si incastra con cura e perfezione in quel disegno con l’autrice sta ricamando da qualche anno e che la caratterizza come scrittrice e come donna.
Ogni suo libro sembra raccontare una parte di lei, e in ogni storia sembra di sentirla parlare, sostenuta dalle immagini, celata nei cuori delle diverse protagoniste che si svelano a noi.
È questo ciò che apprezzo e continuerò ad apprezzare di lei; il fatto che si riesca a sentirla con chiarezza, come se i suoi libri fossero un ponte, che lei stessa costruisce affinché il lettori la possano raggiungere e incontrare.
Solo a fine recensione realizzo quanto simili tra loro siano state le impressioni che ciascuno dei suoi romanzi mi ha trasmesso. Sono particolari e diverse da quelli di qualunque altro libro, sono familiari, calde, personali e solo la Caboni, tra tanti altri autori, riesce a tirarle fuori con ogni sua opera.
Se siete curiosi di conoscerle, le trovate tutte riassunte qui sotto. Lette insieme, danno una buona panoramica di ciò che intendo quando dico che Cristina Caboni è una delle poche autrici che ha costruito una nicchia solida e indistruttibile in quel guscio di diffidenza che mi caratterizza.
La copertina finemente lavorata avvolge le pagine ingiallite dal tempo. Con gesti delicati ed esperti Sofia sfiora la pelle e la carta per restaurare il libro e riportarlo al suo antico splendore. La legatoria è la sua passione. Solo così riesce a non pensare alla sua vita che le sta scivolando di mano giorno dopo giorno. Quando arriva il momento di lavorare sulle controguardie, il respiro di Sofia si ferma: al loro interno nascondono una sorpresa. Nascondono una pagina scritta a mano: è la storia di una donna, Clarice, appassionata di arte e di libri. Un’abile rilegatrice vissuta nel primo Ottocento, quando alle donne era proibito esercitare quella professione. Una donna che ha lottato per la sua indipendenza. Alla luce fioca di una candela ha affidato a quel libro un messaggio lanciato nel mare del tempo, e una sfida che può condurre a uno straordinario ritrovamento chi la raccoglierà. Sofia non può credere al tesoro che ha tra le mani. Quella donna sembra parlare al suo cuore, ai suoi desideri traditi. È decisa a scoprire chi sia, e quale sia il suo segreto. Ad aiutarla a far luce su questo mistero sarà Tomaso Leoni, un famoso cacciatore di libri antichi ed esperto di grafologia. Insieme seguono gli indizi che trovano pagina dopo pagina, riga dopo riga, città dopo città. Sono i libri a sceglierci, e quel libro ha scelto Sofia. Dopo più di duecento anni, solo lei può ridare voce a Clarice. E solo la storia di Clarice può ridare a Sofia la speranza che aveva perduto. Perché la strada per la libertà di una donna è piena di ostacoli, ma non bisogna mai smettere di mirare all’orizzonte.