Recensioni, Voci dalla Sardegna

Recensione: Il cuore selvatico del ginepro


Ne ero abbastanza convinta con Fiore di Fulmine. Questo libro me l’ha confermato: Vanessa Roggeri è una scrittrice emergente di talento, una voce italiana nuova e fresca che non potete perdervi.
Il cuore selvatico del ginepro è il suo primo romanzo e, per quanto abbia notato un miglioramento nella stesura di Fiore di Fulmine, ho amato questo libro quasi quanto il secondo.
Ci troviamo sempre in Sardegna, anche se in questo caso in un paese inventato, Baghintos. Il nostro sguardo si posa sulla famiglia Zara, ricca e illustra nel paese e nei dintorni per le sue terre e il suo frantoio.

Conosciamo i Zara la notte del 31 ottobre del 1880, una data che rimarrà profondamente impressa nella memoria di questa famiglia; in questa notte maledetta, detta Notte delle Animeddas (notte delle anime), mamma Assunta partorisce una bambina altrettanto maledetta: la settima figlia.
Per un paese così intriso di superstizioni come Baghintos, questa bambina porta i segni del male e non può che rappresentare la sciagura della famiglia. Nulla sarà più come prima.
Il tentativo della famiglia di non farle superare la notte fallisce davanti al buon cuore della loro primogenita, Lucia, che salva la bambina dal suo oscuro destino, chiamandola Iannetta e protegendola nella sua prima notte. Gli Zara sono costretti a tenerla con loro, crescendola comunque come un’emarginata.
Ci troviamo davanti ad un libro molto particolare, che gioca sul fascino e il mistero delle antiche e radicate superstizioni della mia isola. Credenze, pratiche magiche, preghiere e ovviamente vita comune, si susseguono tra le pagine, mentre Iannetta cresce con il marchio di coga (strega) e Lucia con la fama di coru bonu (cuore buono).

Non sorprenderò probabilmente nessuno dicendo che ho amato il personaggio di Lucia; il suo carattere dolce ma tenace è capace di scaldare il cuore di ogni lettore; la sua forza nell’affrontare le difficoltà della famiglia, il suo coraggio nel proteggere la sorella maledetta, la rendono una protagonista indimenticabile. Per certi versi mi ha ricordato Nora, la protagonista di Fiore di Fulmine, anche se in Lucia prevale un lato buono e compassionevole che la porta ad essere benvoluta e amata da chi la circonda.
Nonostante la mia predilizione per Lucia, anche gli altri personaggi, positivi o negativi che fossero, mi hanno colpita molto; sono tutti molto curati e verosimili e mi hanno trasmesso un senso di familiarità con i miei conterranei (ad eccezzione ovviamente dell’eccessiva superstizione).
È stato davvero piacevole ritrovare intere frasi in sardo, espressioni tipiche del parlato comune che hanno contribuito a rendere coinvolgente la storia.
Riconfermo totalmente la mia passione per lo stile dell’autrice, che è curato ma non artefatto; la Roggeri ha l’abilità di tessere storie avvincenti, ben descritte e mai pesanti e lente; i paesaggi che ci presenta si delineano sotto i nostri occhi in modo delicato e armonioso e gli avvenimenti più importanti e frenetici mantengono ritmi piacevoli ed intriganti.

Uno splendido spaccato sulla tradizione e sulle leggende sarde insomma, arricchito da una squisita analisi della superstizione e delle sue radici.
Ancora indecisi sulla prossima lettura?
Lasciatevi conquistare da questa splendida storia.

Trama:
È notte. Il cielo è nero come inchiostro, e solo a tratti i fulmini illuminano l’orizzonte. È una notte di riti e credenze antiche, in cui la paura ha la forma della superstizione. In questa notte il rumore del tuono è di colpo spezzato da quello di un vagito: è nata una bambina. Ma non è innocente come lo sono tutti i piccoli alla nascita. Perché questa bambina ha una colpa non sua, che la segnerà come un marchio indelebile per tutta la vita. La sua colpa è di essere la settima figlia di sette figlie, e per questo è maledetta. E qui nel suo paese, in Sardegna, c’è un nome preciso per le bambine maledette, si chiamano cogas, che significa streghe. Liberarsene quella stessa notte, senza pensarci più. Così ha deciso la famiglia Zara.
Ma qualcuno non ci sta. Lucia, la primogenita, compie il primo atto ribelle dei suoi dieci anni di vita. Scappa fuori di casa, sotto la pioggia battente, per raccogliere quella sorella che non ha ancora un nome. La salva e la riporta a casa, e decide di chiamarla Ianetta. Non c’è alternativa ora, per gli Zara. È sopravvissuta alla notte, devono tenerla. Eppure il suo destino è già scritto. Giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, sarà una reietta. Emarginata. Odiata. Da tutti, tranne che da Lucia. È lei l’unica a non averne paura. Lei l’unica a frapporsi tra la cieca superstizione e l’innocenza di Ianetta. Contro tutto e tutti. Lei l’unica a capire chi si nasconde dietro quegli occhi spaventati e selvatici: una bambina in cerca di amore, che farebbe qualsiasi cosa pur di ricevere uno sguardo e una carezza. Solo una bambina, solo una ragazza, con un cuore forte e selvatico come il ginepro. Le sue radici non si possono estinguere così facilmente; la loro fibra è fatta di ferro e se fuori bruciano, dentro il cuore rimane vivo.
Questa è la storia di una bambina e di una colpa non sua.
È la storia di una sopravvivenza e della lotta contro le superstizioni.
È la storia di due sorelle, quella maledetta dall’ignoranza e colei che sa vedere oltre.
È la storia di una terra e delle sue tradizioni più arcaiche e oscure.
Una storia che trabocca in modo dirompente di passioni: amore, rabbia, disperazione e speranza.


9/10

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.