C’è qualcosa di speciale nei racconti di famiglia; è come se racchiudessero in sé un calore particolare, una morbidezza difficilmente rintracciabile in altri scritti. Non è un discorso universale ovviamente, sono consapevole che alcuni romanzi con questo tema celino una freddezza è un’affilatura innegabili, eppure, nel mio immaginario di lettrice, i romanzi che narrano di genitori e figli, fratelli e sorelle, hanno sempre custodito una vena confortante e rassicurante, come fossero una coperta soffice nella quale ho sempre l’impressione di potermi avvolgere in caso di necessità.
Forse è per questo motivo che al termine del romanzo di Bianca Cataldi, la parola che più mi risuonava nella testa era questa: morbidezza.
O, forse e con maggiore probabilità, il tema non è stato che uno strumento, ed è stata l’esecuzione di Bianca ad aver creato la dolce melodia che ho rintracciato tra queste pagine, che mi ha cullata dalla prima all’ultima nota.
D’altronde, la storia di Corinna e Serena prometteva dolcezza già dalle sue prime battute; la voce calda e familiare della giovane Serana presenta infatti fin da subito il suo caloroso mondo familiare, mostrandolo a tratti filtrato dalle lenti della sua innocenza infantile e, per il resto, espresso con la consapevolezza dell’età adulta.
Così, presi per mano dalla piccola Serena, raccontata a sua volta con affetto e un velo di nostalgia dal suo io del presente, veniamo accompagnati lungo una trama fatta di momenti, di istanti, di sguardi e sentimenti.
Serena ci racconta se stessa tra queste pagine, ma non solo: ci parla della sorella maggiore, quella Corinna che per la maggior parte dell’infanzia della piccola protagonista è stata quasi una presenza sbiadita, resa soffusa dall’essere un’adolescente fatta di muscica, lettura e solitudine, ma che al contempo è stata il centro e la direzione di un affetto innocente e incondizionati.
E insieme a lei ci parla della sua famiglia allargata, fatta di rapporti di sangue e di affinità elettive, una mescolanza di caratteri diversi eppure combinati in un’armonia capace di scaldare il cuore di chi li incontra e impara a conoscerli tra queste pagine: la nonna che racconta le storie, la mamma coraggiosa e risoluta, il papà che è l’unico in casa a mantenere sempre la calma, e ancora Donna Marzia, che è la guida, il punto di riferimento, l’anima stabile. E poi le sette prozie riunite nella cappella di famiglia, che sono le confidenti e le protettrici dei segreti, nate e richiamate in un ambiente di sangue cocciuto e donne tenaci e determinate, nel quale la morte non è che un passaggio in un posto dove non puoi essere visto, ma nel quale che ti ama può ancora percepirti.
Tutto questo, e ancora molto altro, ci viene raccontato ta queste pagine diluito da una dolce malinconia, eppure si mantiene sempre solare, innocente, quasi fiabesco, come se il passato fosse diventato un simulacro, che la protagonista mantiene intatto e ci trasmette con le sue parole a distanza di anni.
E in questo clima di morbida dolcezza vediamo e leggiamo di rapporti tra sorelle, di legami scelti e solidi, di riconoscimenti, morti e resurrezioni, come di nomi che segnano esistenze ed esistenze che scelgono il proprio nome.
Tradizione e legami, credenze e sicurezze, ricerche e perdite sono gli intrecci che costituiscono la trama di qusta storia e ogni sua parte pare come accarezzarci, mormorando delicata di vite spezzate e ricucite e soprattutto di affetto, di amori che riescono a riempire con grazia gli spazi della vita, inserendosi là dove i vuoti sarebbero diventati quasi assordanti.
E incontriamo molte vite tra queste pagine, ciascuna capace a colpire perché unica e indimenticabile, pur essendo tuttavia parte di una dolce e più spessa armonia.
Non c’è modo più semplice per trasmettervi cos’è stata questa lettura per me che dicendovi proprio questo: che I fiori non hanno paura del temporale mi ha permesso di respire il sentore di casa, cullandomi tra le sue dolci e morbide parole e facendomi sentire parte del suo tenero abbraccio.
Serena e i suoi cari sono stati un vero e proprio rifugio, un familiare viaggio tra stranezze che mi appartengono e dettagli che posso facilmente ritrovare nelle persone che dividono con me questa esistenza, come se mi stessi immergendo in una vita diversa eppure vicina, che scorre in parallelo e nella quale riesco quasi a rileggere me stessa.
Ho trovato in Bianca e nella sua creature degli amici, che per una frazione della mia esistenza sono riusciti a parlare al mio cuore con una dolcezza che ha iniziato a mancarmi appena voltata l’ultima pagine, ma che è stata presto sostituita dalla più morbida delle malinconie.
Un sentito ringraziamento va, in questo caso, a Elisa di Devilishly Stylish, per avermi dato la possibilità di leggere questo romanzo ma, soprattutto, per avermi permesso di conoscere una scrittrice come Bianca Rita Cataldi.
Bologna 1997. La stanza è in penombra e i libri e le musicassette sono sparsi dappertutto. Distesa sul letto, la camicia a quadri e i Nirvana sparati nelle orecchie dal walkman, Corinna muove i piedi a tempo e non stacca il naso dalla pagina. Ha sedici anni, i capelli rossi come fili di rame e un viso ricoperto di lentiggini su cui spiccano due occhi d’acciaio. È la figlia del primo grande amore di sua madre che se ne è andato poco prima del parto. Serena, detta Poochie, ha sette anni, i capelli scuri stretti in due codini fermati da elastici a forma di arcobaleno ed è la sua sorellastra. Il suo desiderio più grande è farsi considerare da quella sorella maggiore così misteriosa, sempre rintanata dietro le pagine di un libro e con le cuffie calcate sulla testa. Vivono in una grande e caotica tribù allargata in cui vige il matriarcato e dove per ogni decisione ci si rivolge al consesso delle antenate riunite nella cappella di famiglia al cimitero. Una famiglia fatta di donne dal sangue cocciuto e in cui nessuna tristezza può resistere di fronte al sapore magico di un tiramisù al pistacchio. Eppure l’equilibrio familiare comincia a vacillare quando Corinna riceve una strana scatola da scarpe chiusa malamente con del nastro adesivo. Dentro ci sono degli oggetti apparentemente scollegati tra loro, ma che sono l’ultimo regalo del suo vero padre, scomparso improvvisamente in un incidente. Corinna non ha dubbi: quegli oggetti hanno un significato e lei deve scoprirlo. Decide così di partire, insieme a Serena, per una caccia al tesoro per le vie di Bologna. La scatola in borsa e un sogno tra i capelli ribelli: trovare il segreto delle sue radici e, inevitabilmente, la propria strada nel mondo.