Una delle mie mancanze letterarie più evidenti è sempre stata la fantascienza: tutta la mia conoscenza di questo genere è stata fino ad ora limitata al celebre Asimov e a qualche sporadica lettura, solitamente suggerita da amici e parenti.
Per quanto io non ritenga nessuna mancanza letteraria realmente grave fintanto che si legge sempre ciò che si desidera, era un po’ che rimuginavo sulla possibilità di approfondire la mia conoscenza del genere, così quando ho ricevuto la segnalazione da parte della Nativi Digitali Editore dell’uscita del nuovo libro di Laura Silvestri, appartenente a pieno a questo genere, mi è sembrata un’occasione ghiotta per allargare un po’ il mio panorama fantascientifico. Così ho richiesto il libro e data la sua brevità – si tratta di un racconto lungo di circa 80 pagine – mi ci sono dedicata una serata soltanto, una frazione di tempo che però si è rivelata densa di scoperte e di piacere.
I figli dell’Aurora Boreale è quello che potrebbe definirsi un racconto fantascientifico psicologico: il suo fulcro infatti non è costituito da grandi avventure nell’iperspazio o da lotte feroci tra navicelle spaziali, bensì queste fanno da contorno all’aspetto più umano e introspettivo della narrazione; Laura ci porta in un futuro non meglio definito in cui il genere umano si è esteso nello spazio, venendo a contatto con civiltà dai costumi spesso diametralmente opposti ai suoi: salta subito all’occhio dunque come l’ambientazione fantascientifica sia soprattutto un intelligente pretesto per mettere in luce atteggiamenti ed impressioni della nostra società facendoli scontrare con ipotetiche abitudini di società simili alla nostra per certi versi, ma estremamente e ferocemente diverse per altri.
Il racconto si può dire spezzato in due: da una parte abbiamo una donna, che si reca da un noto e rinomato medico per un misterioso trattamento al quale sembra essere sottoposto il marito di lei; dall’altra abbiamo un diplomatico umano inviato su un nuovo pianeta appena rintracciato per tessere le prime alleanze con l’avanzata civiltà che lo popola.
Come le due storyline si intreccino è un dettaglio che scopriremo solo proseguendo la lettura e che dunque evito di rivelarvi in questo momento, ma la cosa che mi preme raccontarvi è quale sia il cuore di questo racconto: il nostro diplomatico, arrivato in questo nuovo mondo ultra tecnologico accompagnato dalla moglie, fa una scoperta scioccante: nella realtà aliena lui, uomo retto, eterosessuale, “normale” nella concezione umana più spietata, è considerato quasi un abominio, una sorta di scherzo della natura; il suo rapporto con un esponente dell’altro sesso è giudicato non solo insano e poco raccomandabile, ma anche evoluzionisticamente arcaico e poco conveniente.
È proprio dal momento in cui il nostro protagonista realizza di trovarsi in un mondo ribaltato, che le sue considerazioni sulla tolleranza e sull’accettazione dell’altro iniziano ad infrangersi. E con lui, anche quelle del lettore vengono messe in discussione, portate verso una crisi. Insieme al protagonista, Laura ci porta a domandarci quanto il nostro dichiararci a favore della libertà sessuale e dell’accettazione dell’altro sia labile, rispetto all’ingiustizia che proviamo quando ci troviamo dall’altra parte. È dura mostrarsi tolleranti verso chi non accetta pienamente le scelte personali altrui, quando le scelte messe in discussione sono le nostre.
In questo l’autrice è spietatamente brava: per tutta la durata del romanzo noi siamo il protagonista, le sue e le nostre scelte sono messe in discussione, schernite, insultate, disprezzate; non può esserci modo migliore per sviluppare consapevolezza del problema che viverlo sulla propria pelle e Laura Silvestri ci offre proprio questo: un modo semplice ma realistico per sentirci dall’altra parte, per prendere coscienza della gravità del problema proprio come se fosse anche e soprattutto un nostro problema.
Credo di non esagerare dicendo che I figli dell’Aurora Boreale è una di quelle letture che tutti dovrebbero affrontare: la sua costruzione così realistica, corredata di elementi fantascientifici plausibili ed interessanti, nonché lo stile schietto, diretto, tagliente dell’autrice, sono il modo migliore per trascinare il lettore in quella che per qualche ora diventa a tutti gli effetti la sua nuova realtà.
È impossibile non sentirsi parte del racconto, impossibile non venire toccati dalla situazione del protagonista. E una volta chiuso il romanzo, è possibile che parte di quell’esperienza resti al nostro fianco, permettendoci di rivalutare anche la realtà sulla base delle consapevolezze acquisite durante la lettura; è possibile quindi che a lettura terminata ci sia più difficile condonare quegli atteggiamenti che tutt’ora persistono – nonostante l’avanzare dei tempi, nonostante i miglioramenti fatti – e che fino a questo momento abbiamo ritenuto solo uno strascico di un problema ormai risolto.
I figli dell’Aurora Boreale è il giusto campanello che serve a ricordarci che il problema non sarà mai risolto finché leggendo una storia come questa non percepiremo lo stesso fastidio sia che dall’altra parte ci sia qualcuno che condivide le nostre preferenze, sia che ci sia qualcuno che invece ne ha delle altre.
Un ringraziamento sentito va a Marco della Nativi Digitali Edizioni che ad ogni nuova uscita riesce a piantare quel piccolo seme di curiosità in me: spero di essere riuscita a trasmettervi in parte quel seme.
Trama:
“Non confondiamo la natura con la consuetudine. In natura si trova tutto e il contrario di tutto.” In un lontano domani della Terra, un diplomatico è incaricato di comunicare con una sconosciuta civiltà aliena. In un futuro prossimo, una donna dell’alta società londinese segue la terapia cui è sottoposto il marito ed è costretta a prendere una decisione importante. In che modo le due storie sono legate tra di loro, e quale sarà il destino dei protagonisti?Ne “I figli dell’aurora boreale ”, Laura Silvestri si rifà alla fantascienza sociale degli anni Settanta, elaborando in un contesto originale tematiche di forte attualità: le difficoltà di comprensione tra popoli diversi e la sottile linea che separa la percezione di natura e cultura. I lettori si trovano così coinvolti in un dilemma morale: cosa succede quando ci scopriamo vittime dei nostri stessi pregiudizi?