Non capita spesso d’incontrare due libri capaci di conquistarti, uno di seguito all’altro. Ho iniziato Fiore di Fulmine reduce dalla lettura de Il Sentiero dei Profumi e se avete letto la recensione di quest’ultimo saprete che l’ho adorato in ogni senso. Mai mi sarei però aspettata di inizarne subito dopo uno altrettanto bello, se non anche di più.
Fiore di Fulmine è una storia delicata e piena di grazia, narrata con semplicità ed intensità. Le vicende si svolgono completamente nella mia terra, la Sardegna, agli inizi del secolo scorso e ci accompagnano nella vita di Nora Musa, prima bambina e poi ragazza; Nora ha un’infanzia molto particolare: ad undici anni un fulmine la colpisce al centro del cuore, uccidendola; pochi giorni dopo torna in vita, segnata per sempre nell’anima, ora schiva e chiusa, e nel corpo, ricamato ora da una misteriosa cicatrice a forma di fiore che le parte dal cuore e le percorre tutto il lato sinistro, dal collo al piede. Insieme a questa, Nora acquisisce il dono di vedere i morti, venendo marchiata come Bidemortos; dal suo paese di origine Nora viene costretta a spostarsi a Cagliari, in una casa di accoglienza per orfanelle e qui cresce per i successivi nove anni, sviluppando un’abilità eccezionale nell’arte del ricamo, eredità della madre. Quando a vent’anni viene assunta per lavorare come domestica nella casa di una ricca viscontessa, la sua vita subisce un’altra incredibile svolta, che la porterà a cambiare nuovamente, sciogliendo piano piano il blocco di ghiaccio che da quel fatidico giorno le attanaglia l’animo.
La prima cosa che mi ha colpita di questo libro è stato lo stile dell’autrice: delicate, le parole scivolano sotto gli occhi del lettore, intrecciandosi a poco a poco in elaborati ricami, capaci di incorniciare e disegnare una storia ricca di pura poesia; ti prendono per mano, di guidano attraverso la vita di Nora come se fossi lì, accanto a lei, facendoti sentire un personaggio reale all’interno della storia, uno spettatore silenzioso e curioso. Ti raccontano di scene di vita quotidiana, fondendole con situazioni irreali in un intreccio che risulta scorrevole e quasi plausibile. Per quanto infatti si parli spesso di capacità soprannaturali, esse sono così ben armonizzate da poter quasi essere prese per vere.
Uno degli elementi che ho apprezzato è stata proprio la realisticità del racconto; forse per la prima volta, ho trovato dei personaggi reali, con un passato e una personalità non semplici strumenti della storia, ma quasi fini a se’ stessi, proprio come nella realtà.
Donna Trinez, i suoi giovani nipoti, le domestiche amiche di Nora, vivono le loro vite parallelamente a quella di Nora e le loro storie rendono più ricco il romanzo senza pretendere spazio. Tutto è finalizzata alla realisticità: giravo le pagine e in molti punti mi capitava di pensare: “Ecco, ora la storia dovrebbe andare in questo senso, ma sono sicura che per esigenza di trama andrà nell’altro”, e l’autrice mi stupiva, scegliendo la via più difficile ma più realistica.
Punto chiave del romanzo, sua colonna, è Nora stessa. Come si può non innamorarsi di lei? È probabilmente uno dei personaggi femminili meglio riusciti delle mie ultime letture: ha un passato difficilissimo alle spalle che la rende schiva e diffidente, difficile al sorriso e alla confidenza; al tempo stesso però è forte, tenace, coraggiosa, determinata, piena di compassione e soprattutto di amore, per la vita, per le persone, per la bellezza. È capace di lottare strenuamente per la sua indipendenza, di chiudersi ermeticamente in se’ stessa un minuto prima, per poi aprirsi al sole, alla gioia e ad una risata cristallina e liberatoria subito dopo. Ha paura di soffrire ancora, teme di non meritarsi niente di positivo dalla vita, ma a poco a poco impara a fidarsi di se’ stessa e della vita, capace di riservarle ancora del bello. L’amore e la compassione sono i sentimenti che più la travolgono nella sua nuova vita, che la spingono ad entrare profondamente nella vita della famiglia che l’ha assunta; una famiglia particolarmente misteriosa, della quale Donna Trinez, la viscontessa, è il cuore, e i suoi nipoti sono l’elemento inaspettato.
Ultima ma non per importanza, l’ambientazione, uno sfondo vivo e dettagliato: il paese di Monte Narba prima, con le sue famiglie di minatori, costellato di vasti campi incolti e selvaggi, e una Cagliari antica dopo, città pulsante di vita, nella quale Nora è in grado di perdersi per ore tra i suoi colori e i suoi suoni. Ho visto con viva intensità entrambi, mi sono trovata a camminare per quelle strade antiche, mentre ricollegavo i luoghi selvaggi e passati con quelli del mio presente. Per quanto secondari rispetto ai luoghi familiari della tenuta della famiglia, creavano una cornice ricca e piacevole, piena di fascino e mistero.
Ho scelto di dare il massimo di valutazione a questo romanzo per la sua intensità, per la capacità di rapirmi e portarmi lontano nel tempo, accanto a questi personaggi vivi e affascinanti e alle loro storie. Un’esperienza che consiglio con calore, difficilmente dimenticabile.
Trama:
È quasi sera, quando all’improvviso il cielo si fa livido mentre enormi nuvole nere galoppano a colorare gli ultimi raggi di sole. Da sempre, la prima cosa da fare è rintanarsi in casa, coprire gli specchi e pregare che il temporale svanisca presto. Eppure la piccola Nora, undici anni e il coraggio più scellerato che la gente di Monte Narba abbia mai visto, non ha nessuna intenzione di mettersi al riparo. Nora vuole sfidare il vento che soffia sempre più forte e correre sulla cima della collina. È appena arrivata sotto una grande quercia quando un fulmine la colpisce sbalzandola lontano, esanime. Per tutto il piccolo villaggio sardo dove è cresciuta la bimba è morta. Ma non è quello il suo destino. Nora riapre i suoi enormi occhi verdi, torna alla vita. Il fulmine le ha lasciato il segno di un fiore rosso sulla pelle bianca e la capacità di vedere quello che gli altri non vedono. Nella sua famiglia nessuno la riconosce più. Non sua madre, con cui amava ricamare la sera alla luce fioca di una candela, né i suoi fratelli, adorati compagni di scorribande nei boschi. C’è un nome per quelle come lei, bidemortos, coloro che parlano con i morti, e tutti ne hanno paura. È diventata una reietta, una maledetta. Nel piccolo paese sardo non c’è più posto per lei. La sua nuova casa è Cagliari, in un convento, dove Nora chiude la sua anima in un guscio di dolore, mentre aspetta invano che qualcuno torni a prenderla. Finché un giorno, una donna vestita di nero, elegante e altera, si staglia sulla soglia del convento. È Donna Trinez, una ricca viscontessa. Lei conosce la storia di Nora e sa cosa significa perdere una parte della propria anima. Per questo ha deciso di aiutarla contro tutte le superstizioni. Perché uno sguardo buono e una carezza possono far rifiorire anche un cuore ferito…
10/10