Narrativa Contemporanea, Recensioni

Recensione Canta, Spirito, Canta di Jesmyn Ward – Trilogia di Bois Sauvage #2

È così pieno d’acqua, dove abito io. Arriva da nord, trasportata dai fiumi. Si raccoglie nel bayou. Scorre veloce fino all’oceano, e si allarga fin dove la terra sembra finire. Cambia colore di continuo, come una lucertolina. Qualche volta è blu come la tempesta. Qualche volta grigio chiaro. La mattina presto argento. Quando la guardi, pensi che forse Dio esiste davvero.

C’è sempre qualcosa di particolare nel leggere libri che non rientrano nella nostra confort zone. Un libro di un genere familiare, infatti, è come un assaggio a un piatto che amiamo già, qualcosa nella quale ci rifugiamo quando siamo in cerca di affetto, di tranquillità e di ristoro.
Ma una lettura del tutto nuova è come un pranzo in un ristorante esotico, speziato e dal gusto del tutto nuovo e inebriante.

Benché io sia una lettrice pressoché onnivora, possiedo come molti una confort zone parecchio solida, un insieme di autori e generi nei quali so sempre di trovare rifugio. Eppure adoro lasciare quella zona franca per avventurarmi nelle terre selvagge.
E in effetti, la lettura di Canta, Spirito, Canta è stata paragonabile a una spedizione in una landa selvaggia, un viaggio dal quale non sapevo cosa aspettarmi ma che è stato capace di sorprendermi per i suoi meravigliosi scorci e per i paesaggi mozzafiato. Ovviamente, il percorso è stato impervio quanto mi sarei aspettata da un’avventura outdoor degna di tal nome, eppure ogni difficoltà ha solo reso più intrigante questo percorso, dandomi modo di apprezzare ancor di più quello che la mia meta aveva da offrirmi.

Di cose da donare, in effetti, Jesmyn Ward ne aveva diverse.
Prima fra tutte, una scrittura ruvida e poetica come poche, capace di accarezzarti un momento prima e di morderti quello dopo. Ma d’altronde, una storia dolce amara come quella di Jojo, Leonie e della loro famiglia non poteva che essere raccontata in toni altrettanto aspri e morbidi al contempo, in un connubio capace di far soffrire il lettore prima, e di avvolgerlo in un abbraccio caldo subito dopo.

Così, con frasi evocative e stordenti, la Ward ci accompagna in un Mississipi bloccato nel tempo, perso tra vaste distese di campi, arso dal sole e popolato da spiriti antichi e mai dimenticati. Qui, in una fattoria vicino al mare, vivono Pop e Mam, i nonni che si prendono cura di Jojo e della piccola Kayla quando la loro mamma è troppo fatta o spezzata per badare a loro. Cosa che accade spesso, soprattutto da quando il padre, Michael, è in carcere lontano da loro. Nella fragilità in cui si muove questo piccolo nucleo familiare, e le mille imperfezioni che lo caratterizzano, è sorprendente quanto l’amore scorra tenace, dai nonni ai nipoti e arrivando ad accogliere in modo quasi destabilizzante la stessa Leonie, nonostante tutti i difetti che la rendono una mamma quasi disastrosa.

Il racconto, narrato a tre voci dal tredicenne Jojo, dalla mamma e da un giovane spirito rimasto avvinghiato al suo passato, ci trascina in un turbine di immagini contrastanti e stordenti, dove il confine tra allucinazioni date da una dose di troppo e visioni del mondo degli spiriti è così sottile da non essere quasi distinguibile.

A fare da filo conduttore di questi frammenti di memoria ed essenza, un viaggio in macchina verso Parchman, la fattoria penitenziario nella quale la vita di River, ora Pop per i suoi nipotini, ha preso una drastica svolta, e dove lo stesso Michael ha vissuto gli ultimi anni, in attesa di tornare a casa.

È particolare il modo in cui le vite di questi personaggi si intrecciano, particolare l’essenza che la Ward infonde alle sue voci narranti. Dolore e amore, in Canta, Spirito, Canta, sembrano due facce della stessa medaglia, un’unica presenza inscindibile che avvinghia tutti i presenti, lasciandoli boccheggianti ed esausti eppure, in qualche strano e incomprensibile modo, ancora vivi e capaci di sorridere.

Di tutte le letture fatte, almeno di recente, di certo questa è una delle più peculiari. Forse per questo ha conservato in me un bagliore, una sensazione viscosa e penetrante che mi sono portata dentro per giorni, come il ricordo di un viaggio che non ti saresti mai aspettare di amare, ma che nonostante tutto non riesci proprio a cancellare dalla tua mente.

Inutile dire che questo volume ha instillato in me una voglia accesa di leggere il precedente, e dunque presto anche Salvare le Ossa arriverà in casa e chissà, forse si tratterà di un secondo viaggio meno imprevisto, eppure altrettanto sorprendente.

Nel frattempo, io ringrazio la NN Editore e soprattutto l’addetta stampa Francesca Rodella per avermi dato modo di scoprire questo piccolo gioiello.

Trama:
Jojo ha tredici anni, e cerca di capire cosa vuol dire diventare un uomo. Vive con la madre Leonie, la sorellina Kayla e il nonno Pop, che si prende cura di loro e della nonna Mam, in fin di vita. Leonie è una presenza incostante nella vita della sua famiglia. È una donna in perenne conflitto con gli altri e con se stessa, vorrebbe essere una madre migliore ma non riesce a mettere i figli al di sopra dei suoi bisogni. Quando Michael, il padre di Jojo e Kayla, esce di prigione, Leonie parte con i figli per andarlo a prendere. E così Jojo deve staccarsi dai nonni, dalla loro presenza sicura e dai loro racconti, che parlano di una natura animata di spiriti e di un passato di sangue. E mentre Mam si spegne, gli spiriti attendono, aggrappati alla promessa di una pace che solo la famiglia riunita può dare. Dopo “Salvare le ossa”, Jesmyn Ward torna nel suo Mississippi, una terra in cui il legame con le origini, i vincoli di sangue e la natura sono fatti di amore e violenza, colpa e speranza, umanità e riscatto.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.