C’è qualcosa di dolce, e forte e bello, in un libro come Almarina. C’è la poesia di una storia sospesa in un stasi temporale propria solo di un luogo come il carcere minorile di Nisida. La semplicità e l’intensità delle cose vere, tangibili e commoventi. E il dolore dei ricordi, il sollievo di vederli mutare ed estendersi e crescere per trovare il loro posto dentro di noi.
Anche mentre scrivo questa recensione, le parole di Almarina riecheggiano dentro di me nella loro aspra bellezza, nella loro dolorosa intensità. E sento che le mie impressioni cercano di rincorrerle, di nutrirsi delle loro sfumature per preservarne ancora il ricordo.
Sono poche le letture capaci di farmi questo effetto. Quello che si insinuano in me infilandosi in un’unghia e prima che io me ne accorga hanno già invaso la mente e il cuore. Sono quelle storie che mi porto dentro per giorni, per settimane, per mesi; quelle che in qualche modo cambiano il modo in cui guardo il mondo. Anche se lo fanno in piccolo, anche se il cambiamento è solo una lieve tonalità del cielo al tramonto, sento di essere diventata altra appena voltata la prima pagina.
Ed è sempre dura, in questi casi, lasciare andare una storia. Rimane in me una leggera paura di perdere qualcosa di importante, di affidarlo al vento consapevole di non ritrovarla mai più. Per questo, quando capita, mi ritrovo davanti a questa pagina a fermare i ricordi. Fisso le parole su uno schermo nella speranza che non mi abbandonino. E nel caso di Almarina, che continuino a modificare, una sfumatura alla volta, la mia percezione del mondo.
Trama
Eleonora lavora come insegnante di matematica nel carcere minorile di Nisida. La sua è stata una scelta quasi inconsapevole, una casella sbarrata come terza opzione che non pensava l’avrebbe mai cambiata così tanto. Ora, però, ogni giorno che attraversa la strada che la porta fino all’isola di Nisida, le sembra quasi che la sua vita si dilati, che il tempo scorra più lentamente.
Lassù, lontana dalla città e dal peso di un’esistenza che l’è piovuta addosso con tutta la sua sofferenza, le sembra quasi di poter tornare a respirare. E quando incrocia per la prima volta gli occhi di Almarina, una giovane dal passato innominabile che la osserva con attenzione e sospetto, Eleonora capisce che Nisida può essere altro, per lei. L’occasione che aspettava per riprendere a respirare come vorrebbe. E per dare a un’altra anima la stessa, essenziale, possibilità.
Recensione Almarina
“Perché c’è una cosa che continua a essere sfuggente, e non ve la dirà nessuno ad alta voce, così adesso ve la dico io: l’amore non riconosce autorità. Sì, formalmente sì, ci siamo costretti: ma dentro le ossa, quando ci guardiamo le rughe allo specchio, o nella verità del sonno, non vi concediamo il diritto di decidere.” |
Attese
C’è qualcosa di misterioso e quasi intangibile nella bellezza di Almarina. Una sorta di perfezione delle cose giuste, l’intensità delle storie che sono nostre prima ancora di incominciare a leggerle. L’ho sentita per la prima volta quando ho visto la copertina del libro. Non sapevo nulla della trama, e nulla dell’autrice. Sapevo solo che il libro era uno dei finalisti del Premio Strega, ma questo per me non è mai un segno.
La copertina, quella sì, era un segno. Quel punto magenta che affoga nell’azzurro sembrava far vibrare qualcosa dentro di me. Eppure, quando l’ho visto per la prima volta non doveva essere il momento giusto. L’ho prenotato in biblioteca mettendomi in coda dietro altre 26 persone che come me, per un motivo o per l’altro, avevano deciso di affidarsi alle pagine di Almarina.
Era febbraio, poco prima dell’inizio del lockdown. Il libro mi è arrivato oggi.
In mezzo, ci sono stati mesi nei quali, molto probabilmente, non lo avrei compreso. Mesi nei quali non ero pronta a riceverlo, nei quali non avrebbe risuonato nel modo giusto, non avrebbe trovato il giusto spirito pronto ad accoglierlo. Oggi, invece, era tutto perfetto.
La bellezza delle cose giuste
Ho cominciato a leggere Almarina a lavoro, l’ho continuato nel tragitto fino a casa e l’ho finito qualche ora dopo, senza riuscire a lasciare andare quei fili invisibili che aveva allungato verso il mio cuore. Valeria Parrella ha trovato le note giuste, e il momento giusto per aprire questa comunicazione.
È stato il suo modo di parlarmi, a colpirmi più di tutto. Il suo modo di parlare alla donna che è in me, quella che ancora non sapeva di esserci e che pian piano si sta facendo largo accanto alla ragazza che sono sempre stata. È stata lei a riconoscersi nel sentimento raccontato in Almarina. Quel groviglio di incertezze, di condivisione e solitudine, di momenti sospesi nei quali nuotiamo per stare a galla, quelle notti insonni che sembrano impossibili da superare e poi all’improvviso è già l’alba e puoi finalmente addormentarti. Ogni attimo, ogni sospiro e ogni lacrima di questo libro, in qualche modo, oggi era scritta per me.
Anche se la storia di Eleonora e Almarina è così distante dalla mia, anche se le esperienze sono diverse, se i bisogni sono diversi, l’essenza è sempre quella. Quel fulcro di amore, riconoscimento e libertà che tutte noi abbiamo dentro. Quella scintilla che ci fa capire di essere donne, dentro un mondo che spesso fa di tutto per farcelo dimenticare.
In Almarina ho trovato una storia di dolore, solitudine e sofferenza raccontata attraverso l’amore, la libertà e la speranza. Una storia per me impossibile da leggere senza rimanerci avvinghiata dentro, schiacciata e poi salvata dalla carezza delle parole che la raccontano.
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