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Non puoi fuggire al tutto

Respira Tal’a. Non lasciare che le emozioni guidino i tuoi passi. Sei parte del Pūrā e il Pūrā è parte di te. Sentilo nei tuoi passi, nelle tue azioni. Lasciati andare.

Con un grido di frustrazione, Tal’a cadde giù dal palo. L’acqua gelida la accolse nel suo abbraccio e dovette far ricorso a tutta la forza dei suoi muscoli per non venire risucchiata giù, nell’abisso profondo che stendeva i suoi artigli versi di lei. Riemerse con un grido, sputacchiò l’acqua che le era rimasta in bocca e rimase a galleggiare al centro del lago, lo sguardo furente rivolto al palo che l’aveva rigettata per l’ennesima volta.

Stai pensando troppo, Tal’a. Vaar era seduta sulla riva, i piedi scalzi che sfioravano il pelo dell’acqua. La guardava con un misto di scontento e rassegnazione. Sei sorda, ti rifiuti di sentire quello che il Pūrā sta cercando di dirti disse, segnando l’aria con decisione.

Non sono io ad essere sorda, protestò la ragazza, una mano fuori dal pelo dell’acqua. Nuotò verso la sua insegnante ad ampie bracciate. Giunta alla riva, fece forza sui gomiti e si tirò su, per poi rotolare sull’erba fradicia ed esausta. È lui che parla una lingua incomprensibile.

Il volto di Vaar invase il suo campo visivo, nascondendo le nubi temporalesche che si avvicinavo rapide verso di loro. Il Pūrā parla la lingua del nostro spirito. È incomprensibile solo se chiudiamo il nostro cuore ai suoi richiami.

Tal’a gemette e l’aria venne fuori dalle sue labbra congelate in uno sbuffo caldo. Alzò le mani e segnò verso la sua maestra. Odio quel maledetto palo.

Non è vero. Vaar le si sedette accanto, il viso tornato una maschera impassibile. Non è il palo il tuo problema, Tal’a. Hai percorso il sentiero tante volte. Il problema è che oggi sei troppo arrabbiata per seguire il tuo addestramento. E questo è un male. Una guerriera non si fa sopraffare dalle sue emozioni. Chi segue il Pūrā controlla sé stesso, corpo e mente. Finché non imparerai questo concetto, non sarai mai in grado di dominare te stessa. Nell’addestramento, così come nella vita.

Tal’a tacque, consapevole che qualunque cosa avesse affermato, sarebbe stata una menzogna. Vaar aveva ragione, la rabbia bruciava ancora nelle sue vene e le impediva di riflettere lucidamente. Aveva passato un’intera notte insonne, preda della forza inarrestabile delle sue emozioni. E si era presentata all’addestramento con la mente altrove, troppo distratta per completare anche solo il primo passo del lungo sentiero che correva sul lago.

Non è con la rabbia che otterrai le tue risposte.

Le parole di Vaar andarono a scavare nella ferita già aperta, allargandola. Tal’a segnò l’aria più ferocemente di quanto avrebbe voluto. E come le otterrò, allora? Sollevò la schiena di scatto, sentendo il corpo gemere e gli occhi bruciare. Ma li mantenne fissi su Vaar, decisa a non cedere neanche di un passo. Come avrò quelle risposte, se tu me le neghi?

Vaar sospirò. Io non ti nego niente, Tal’a. È il Pūrā a decidere quando è il momento giusto e quando non lo è. Il tuo atteggiamento non fa che confermare quello che ha deciso il Consiglio: non sei ancora pronta. Non lo sarai mai, se ti ostini a lasciare che la rabbia guidi i tuoi passi.

Tal’a serrò i pugni, fece per rispondere e poi tacque di nuovo. Una parte di lei, molto piccola e molto profonda, sapeva che Vaar aveva ragione. Non era pronta a ricevere quelle risposte, lo aveva compreso nel momento stesso in cui aveva scorto gli anziani discutere dentro la Grande Tenda. Eppure, bramava la verità con tutta sé stessa. Era un richiamo così forte da farle male, un tarlo che le impediva di mangiare, di dormire e di respirare nel modo corretto. Non è giusto, riuscì a segnare alla fine, e quelle parole la fecero sentire così piccola e stupida che una lacrima sfuggì al suo controllo, e le scese lungo la guancia. Umiliata, Tal’a voltò il capo dall’altra parte.

Vaar si spostò per ritornare nel suo campo visivo. Cosa ti ho insegnato sulla giustizia? segnò.

Il suo volto era rigido, privo di qualunque segno di compassione o di affetto. Proprio per questo, Tal’a si trovò a rispondere, come se si trovasse ancora nel cerchio della verità con gli altri allievi del Pūrā. Che non è mai nelle nostre mani. È sempre in quelle del Pūrā. Noi possiamo anche esserne gli artefici, ma non la controlliamo. Non possiamo scegliere cos’è giusto e cosa è sbagliato.

Segnò ogni parola nell’aria come se la stesse ripetendo ai suoi compagni. Con concentrazione e precisione. Poi alzò il viso verso le nuvole, in tempo per sentire le prime gocce di pioggia infrangersi sulla terra. Alcune le caddero sulle guance e sulla fronte, le bagnarono la pelle e diluirono le lacrime sfuggite al suo controllo. Ma lo sentiamo dentro, come sentiamo che l’acqua è fredda e che il cielo promette pioggia, concluse, riportando il viso verso Vaar e muovendo una sola mano.

Esatto. Cosa senti in questo momento?

Rabbia. Il braccio si mosse d’istinto, prima che Tal’a potesse fermarlo. La verità che guidava quel gesto attirò dietro tutti gli altri, un fiume in piena che ribolliva nel suo stomaco dalla sera prima. Frustrazione, impotenza, debolezza. È questo che vuole il Pūrā? Che soffriamo per ciò che non possiamo avere?

La mano di Vaar raggiunse la sua spalla, e Tal’a abbassò il viso per guardarla. Lei segnò la sua spalla, come faceva quando erano a casa e lei non era la sua maestra ma solo sua madre. No. Il Pūrā vuole che impariamo ad accettare che ci sono cose che possiamo controllare e cose che non dipendono da noi. Vuole che teniamo a bada le nostre emozioni, che le guidiamo anziché farci guidare. E che impariamo ad accettare i suoi insegnamenti anche quando non li comprendiamo del tutto.

Tal’a fece una smorfia e avvicinò le dita alla mano di Vaar. Che differenza c’è con una religione, allora? chiese, con piccoli cerchi sulla pelle della donna. Quello che chiede il Pūrā è di avere fede. Perché dovrebbe essere meglio di Pelor, in questo?

Perché Pelor è lì. Vaar indicò il cielo, oltre le nuvole e verso il sole che faceva capolino a tratti dietro la tempesta. Il Pūrā invece è sempre qui. Le premette la punta del dito sul petto, sopra il vestito fradicio, imprimendole sulla carne un piccolo segno a mezzaluna. Poi spostò la mano e la poggiò al terreno. Ma è anche qui, la alzò verso il cielo e raccolse delle gocce, e qui… poi la mosse verso la sua fronte e la lasciò lì. Le parole successive gliele segnò sulla pelle, poco sopra gli occhi. E qui. Non puoi fuggire al tutto, Tal’a. Puoi solo accettarlo. Hai un’intera vita davanti, è questo il momento in cui decidi se vuoi lottare per conoscere, o piangere per ciò che non sai e forse non saprai mai.

Ma loro… iniziò Tal’a, e Vaar la interruppe, tornando a segnare l’aria. Il destino dei tuoi genitori è solo uno dei misteri che incontrerai sul tuo cammino. Al momento ti sembra il più importante, ma solo perché ancora non conosci abbastanza da sapere cos’altro c’è intorno a te. Quando sarai pronta, quando il Pūrā deciderà che è il momento, forse avrai le tue risposte. Fino ad allora, devi solo accettare di non sapere. E camminare sulla strada del Pūrā avendo fiducia che ti porterà dove devi essere.

Le gocce intorno a loro si fecero più frequenti e poco dopo le nuvole riversarono su di loro tutta la forza che possedevano. Tal’a rimase ferma, mentre l’acqua le si riversava addosso e si insinuava attraverso i vestiti. Lo sguardo perso in quello di Vaar, la giovane fece di tutto per far sue quelle parole. Le sembrò quasi di vedere il sentiero del Pūrā che dagli occhi della sua maestra si snodava verso di lei, invitandola a comprendere, a fidarsi, ad abbracciare il tutto. 

Si mosse in quella direzione, eppure sentì che una parte di lei rimaneva indietro. Quella parte che l’aveva tenuta sveglia la notte prima, che ogni giorno nutriva la sua voglia di perfezione. Quella che la spingeva ad addestrarsi con ferocia per essere la migliore, la più svelta, la più saggia. Quella che, nonostante gli anni e l’amore di Vaar e dei suoi fratelli, le rammentava che lei non apparteneva a quel luogo. Che era altro, oltre a Tal’a Vaaresi. Qualcosa che non conosceva, che non poteva afferrare e che contribuiva a nutrire la sua ossessione. Fu quella parte a tirarla indietro, quando già aveva mosso i primi passi sul sentiero. E sempre lei prese il controllo della sua mano e, prima che potesse impedirlo, la portò disegnare sotto la pioggia le parole successive. Cos’è la magia del sangue?

divisore

Terzo racconto della serie dedicata a Tal’a Vaaresi, guerriera dalle sfumature spirituali appartenente a un popolo dalla profonda e complessa filosofia.

Anche in questo caso, la fonte d’ispirazione principale è La paura del saggio di Patrick Rothfuss. Dagli Adem incontrati da Kvothe ho infatti rubato parte della filosofia del Lethani, che qui ho ribattezzato come Pūrā. Il racconto è andato online anni fa su storiedagdr, blog ormai dismesso, e ho deciso di ripubblicarlo qui affinché non si perdesse nell’oblio di Internet.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.