Non dimenticare i fiori di Kawamura Genki ci porta a conoscere la più comune tra le demenze degenerative: l’alzheimer. Sono molto indecisa sulle parole da dedicare a questo libro, la storia è intensa, soprattutto per i particolari su cui l’autore sceglie di soffermarsi. Ma da romanzo con un tema così delicato mi sarei aspettata un coinvolgimento emotivo molto forte. Purtroppo però trovato un ostacolo enorme, lo stile di scrittura, che non mi ha permesso di godermi la storia come avrei voluto.
In effetti non so neanche se la colpa è davvero dello stile oppure della formattazione del testo. La narrazione si basa su salti temporali e in troppi casi non avere neanche un minimo avviso del cambio mi ha reso la lettura davvero ostica. C’è da considerare che ho letto questo libro come ebook (Medialibrary ultimamente è il mio migliore amico) e mi è capitato spesso che tra cartaceo e digitale ci fossero delle differenze di impostazione del testo.
Avevo scelto di leggere questo libro in quanto attirata da un altro titolo dello stesso autore, che però in quel momento non era disponibile: Se i gatti sparissero dal mondo. In questo momento mi trovo molto indecisa sull’intraprendere o meno quest’altra lettura. Secondo voi merita un’altra occasione?
Trama:
Mentre Izumi inizia il percorso che lo porterà a diventare padre inconsapevolmente intraprende anche a quello che lo porterà a perdere il ruolo di figlio. Yuriko, la madre, è affetta da una forma di alzheimer precoce, che in breve tempo la priverà di tutti i suoi ricordi.
Durante i mesi della malattia della madre Izumi si rende conto di quanto l’alzheimer sia una di quelle malattie che colpisce tutta la famiglia, non solo il paziente. I pensieri diventano ostaggio dell’ansia, soprattutto quando tenere al sicuro il malato senza un’assistenza h24 si fa sempre più difficile.
Tra queste pagine non troverete una storia edulcorata dell’alzheimer, le demenze non sono una passeggiata. Sono un percorso ad ostacoli in che avvicina inesorabilmente alla perdita di una persona amata. Un percorso che porta anche a rivivere sotto un’altra luce le scelte e le esperienze passate.
Quattro chiacchiere su Non dimenticare i fiori
Tra le pagine di questo romanzo l’autore ci regala un quadro realistico delle problematiche che insorgono in una famiglia quando un parente manifesta i primi sintomi di demenza. Iniziano i sensi di colpa, perché non ci può prendere cura della persona tutti i giorni, tutto il giorno, quindi la casa di riposo diventa l’unica scelta possibile. Si prova vergogna, quando ci si trova a gestire in pubblico i sintomi della malattia, quando una malattia non è fisica è estremamente complicato comprenderla. Ed infine bisogna imparare a gestire l’ansia per il futuro, visto che certe situazioni creano un’instabilità da cui sembra impossibile uscire.
Noi siamo la nostra storia, ma se non la ricordiamo più cosa siamo?
Un involucro vuoto senza passato ed incapace di vedere al futuro.
Yuriko e Izumi sono madre e figlio alle prese con un passato difficile, nonostante questo così come lei si è sempre presa cura di lui, lui cercherà di fare il meglio per lei. Ma non è facile avere a che fare con qualcuno che sempre più spesso non ti riconosce, una bambina rinchiusa in un corpo di donna impossibilitata a vivere nel qui e ora.
Non ci sono ricette magiche per affrontare la malattia, si può solo cercare il miglior sostegno possibile e cercare di vivere i giorni di lucidità cercando di godere al meglio della presenza dell’altro.
La casa di riposo
Quando si sceglie di portare i propri cari in casa di riposo spesso si viene etichettati come quelli che non vogliono bene ai propri anziani. Uno stereotipo cattivo ed ignorante, che non tiene minimamente conto della reale complessità del prendersi cura di una persona non indipendente, soprattutto se affetta da demenza.
Non si portano gli anziani nelle case di riposo per “parcheggiarli” altrove e togliersi il pensiero. O almeno, non è questo quello che fanno la maggior parte delle persone. Prendersi cura di una persona malata non solo è difficile e stancante, ma anche incompatibile con un qualsiasi tipo di lavoro, visto che richiede un’attenzione h24. Ecco perché usufruire delle case di cura per i propri cari non dovrebbe mai essere fonte di senso di colpa, spesso è la scelta migliore che si possa fare per il bene stesso della persona. Ho apprezzato molto come in questo romanzo la casa di riposo venga rivalutata come un elemento essenziale per il benessere del paziente.
Ovviamente si parla di case di riposo gestite e organizzate da personale attento e competente, ma spero non ci sia bisogno di dovermi impelagare nel citare tutte le eccezioni del caso.
La nota dolente
Come ho scritto all’inizio, la nota negativa, che mi ha reso impossibile godere a pieno della storia è stato lo stile di scrittura. O forse la formattazione del romanzo.
La storia non è lineare, ci sono frequenti salti temporali e anche nella linea temporale principale si saltano spesso intere settimane. Tranne in rari casi, però, questi spostamenti temporali non sono segnalati e mi sono ritrovata più volte a faticare per capire in che punto della storia fossi. La difficoltà del tenere i fili della narrazione durante lettura l’ha resa lenta e ostica.
Mi farebbe piacere sapere, da chi ha letto il cartaceo, se questo elemento confusionario è presente anche in quel formato, o se è una caratteristica esclusivamente dell’epub.
La traduzione del libro è ad opera di Anna Specchio, sarebbe interessante anche conoscere il punto di vista per quanto riguarda il suo lavoro. Immagino che per i traduttori trovarsi davanti ad opere con strutture simili debba essere tutt’altro che semplice.
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Non ho riscontrato le problematiche evidenziate .Soprattutto lo stile mi è congeniale ma è questione di gusti Per l’impaginazione il cartaceo è perfetto