Narrativa Contemporanea, Recensioni

Mi limitavo ad amare te di Rosella Postorino

La serata finale del Premio Strega 2023 è passata da diverse settimane e, come spesso capita, io arrivo al dibattito con calma, quando tutte le luci sono scemate e il vociare intorno al Premio comincia ad attenuarsi. Non per scelta, né per volontà di distinzione, quanto piuttosto per incapacità di stare al passo. Mi limitavo ad amare te mi attirava dall’annuncio della Cinquina Finalista, ma c’è voluto tempo perché gli dedicassi tempo, perché familiarizzassi con le sue promesse. Ho dovuto farlo decantare a lungo sul comodino prima di dargli la possibilità che meritava, forse anche perché ne temevo l’argomento, temevo la crudezza di una guerra vista con gli occhi di chi vi è a stento sopravvissuto.

L’ho letto in due tempi, metà all’inizio dell’estate e metà a estate inoltrata, scandendo forse non per caso i due tempi di questo racconto: la cruda realtà della guerra civile a Sarajevo e la nuova vita che gli orfani di guerra sperimentano una volta arrivati in Italia. Due parti nelle quali ho sperimentato ritmi molti differenti: la prima densa e musicale, la seconda adagiata e quasi stanca, benché mai al punto da farsi abbandonare.

Dalla Bosnia-Erzegovina all’Italia in cerca di un senso

La storia di Nada, Omar, Sen e Danilo, fuggiti dalla guerra in ex Jugoslavia e arrivati in Italia come profughi e orfani (anche chi non lo era davvero) è uno spaccato di un evento della storia dell’Europa che ancora brucia profondamente. Postorino lo racconta con delicatezza stilistica, ne accarezza anche le pieghe più dolorose senza tralasciarne la sofferenza, ma attenuandola a tratti con momenti di dolcezza e punte di speranza.

I suoi personaggi sono simulacri di vite travagliate, personalità infrante da un trauma che si porteranno dietro per tutta l’esistenza, nell’incapacità di trovarvi un senso. I loro rapporti sono fragili, destinati a spezzarsi di continuo nello sforzo di andare avanti normalmente, nella spinta e nella brama di far parte di quella normalità. C’è chi, tra loro, in quella ricerca di normalità affoga di continuo e chi nuota meglio, si dà la spinta verso il futuro sfruttando a volte proprio l’appoggio degli altri che restano indietro; per scoprire poi che non esiste un modo per sfuggire alla propria esistenza, e che tutti sono destinati ad affogare ogni tanto o persino a perdersi nell’oceano nella vita. Per ritrovarsi infine, in alcune casi, proprio lì dove meno ce lo si aspettava.

Come capita in ogni guerra, non ci sono vincitori tra i vinti, solo sopravvissuti, e questo Mi limitavo ad amare te lo ricorda con viva crudeltà. Ma mostra anche come le relazioni che nascono tra gli spezzati portino con sé una scintilla capace di resistere anche nei momenti in cui tutto appare perduto e sembra impossibile andare avanti.

Un’orma destinata a rimanere impressa

Ho sentimenti contrastanti verso questo romanzo: ne ho amato intere parti, quelle ambientate nell’orfanotrofio in primis, che ho trovato di una fragilità e di una bellezza che da tempo non sperimentavo; ma ne ho anche sofferto delle altre, capitoli che avrei desiderato poter saltare per andare oltre, arrivare a un punto atteso con brama fin dalle prime pagine. Il momento di passaggio tra Sarajevo all’Italia è quello che a mio avviso mostra maggiore debolezza, i primi mesi nel nuovo Paese paiono dilatarsi tanto da offuscare ciò che c’è stato prima e da far perdere di forza quello che viene dopo.

Per fortuna, il racconto di Postorino riprende forza nelle ultime pagine, ricongiunge i fili perduti per tessere un finale capace di dar senso e infondere bellezza, perfino in angoli dove si stentava a individuarla. Le storie dei protagonisti di Mi limitavo ad amare te ci restano dentro a fine lettura, lasciano una traccia che ci metterà del tempo a sbiadire. Caratteristica, questa, che solo i buoni romanzi possiedono.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.