“I grandi scrittori del passato non ti guardano: sono tutti morti. I tuoi lettori, invece, sono vivi e vegeti”.
“Prova a nascondere al lettore un’informazione. Una sola. Quella che dà la chiave di tutto”.
Qualunque scrittore, apprendista o esperto che sia, ha sperimentato almeno una volta nella sua vita il sentimento dell’incertezza.
“Come vado avanti, ora? Come sciolgo questo nodo della trama? Qual è il modo migliore di far agire il mio personaggio, adesso?”
Sono domande che spesso affollano la mente di un autore e che, in certi casi, gli impediscono di procedere con costanza sul sentiero della scrittura.
Nei casi peggiori, infatti, i normali dubbi sullo sviluppo della storia si traducono in un vero e proprio Blocco, con lunghezza e pericolosità più o meno lunghe ed elevate a seconda delle situazioni. Ma tralasciando questa condizione, per la quale forse avremmo bisogno di un articolo a parte, nella maggior parte dei casi si tratta di momenti di incertezza temporanei, destinati a sciogliersi dopo una passeggiata, una chiacchierata con il proprio lettore, editor o agente, o dopo un sonno ristoratore.
È proprio per questo tipo di incertezze temporanee che, a mio avviso, l‘Oracolo Manuale per Scrittrici e Scrittori dà il meglio di sé. In circa 200 massime, Giulio Mozzi ha condensato un’intera carriera nell’editoria e nel mondo della scrittura, per offrire allo scrittore bisognoso un prontuario che possa consultare in ordine, massima dopo massima, o aprire saltuariamente, lasciandosi guidare dall’istinto.
Ed è trasportata dall’istinto che ho richiesto questo Manuale alla Sonzogno Editore e l’ho affiancato al mio attuale lavoro di scrittura (una revisione, per essere più precisi), con la speranza che l’esperienza maturata dal Signor Mozzi sarebbe venuta in mio soccorso quando la scrittura si fosse fatta troppo soffocante e prostrante.
Così, senza alcun dubbio, è stato.
In attesa sulla mia scrivania mentre procedevo nella mia revisione, Giulio Mozzi ha svolto in pieno il ruolo di Oracolo e io mi sono trovata spesso ad aprire a caso le sue pagine in circa di un suggerimento rapido, un consiglio sussurrato attraverso le pagine che potesse aiutarmi a non abbandonare il cammino, o a riprendere i passi corretti quando la strada si faceva impervia e difficile da seguire.
Circa duecento massime, dunque, alle quali Mozzi ha accostato una breve spiegazione, qualcosa che chiarisse quelle poche righe incisive e, a tratti, un po’ vaghe. Ci sono stati casi in cui le ho consultate, per schiarirmi le idee altrimenti confuse, e casi in qui mi sono impossessata solo della massima, estrapolandola dal contesto e adattandola al mio caso specifico.
Come dice l’autore stesso, d’altronde, non esiste un modo giusto e uno sbagliato di consultare l’Oracolo. Esiste solo il tuo.
L’effetto, in queste tre settimane di utilizzo, è stato quasi quello di una carezza.
Una carezza data quando se ne hai più bisogno, da qualcuno che guardandoti negli occhi ti sussurra: “So come ti senti, ci sono passato anche io. E so che ce la puoi fare, che puoi andare avanti e riuscire.”
Ma è stato, in certe parti, anche quello di uno schiaffo, o per essere più precisi di uno scappellotto.
Lo scappellotto bonario di una madre o di una padre che ti riprendono quando fai qualcosa che non va, che cercano di inculcarti con ruvida dolcezza le norme del vivere civile.
Questo perché, ai consigli e ai trucchi del mestiere, Giulio Mozzi ha accostato massime più o meno severe sulle cose da evitare assolutamente, se non si vuole rischiare di perdere il lettore per strada, o di non incrociarlo mai.
Il risultato è un prontuario tascabile da portare con sé o da tenere sempre sulla scrivania, accanto al lavoro che si sta sviluppando. Una voce amica da consultare quando più ne abbiamo bisogno, capace di consolarci e, alla bisogna, anche di tirarci le orecchie.
Un esempio della mia preferita?
Forse.
Così, senza spiegazione né altro, solo Forse.
Inutile dire che l’ho amata, perdutamente.
P.s
Se tutto quello che è stato scritto finora su questo Oracolo non fosse stato sufficiente ad attirarvi, ecco l’ultimo asso nella manica: ci sono i cactus.
Ringrazio la Sonzogno Editore per avermi fornito una copia di questo piccolo prontuario. Non esagero nel dire che, da qualche settimana a questa parte, è un ospite fisso della mia scrivania e che vi rimarrà ancora a lungo.
Questo libro si può usare come un gioco. Se stai lavorando a una storia scritta e ti trovi in difficoltà, allora puoi prenderlo in mano, soppesarlo, strofinarci sopra il palmo tenendo gli occhi chiusi, e aprirlo a caso. Troverai, sulla pagina di destra, un consiglio o una provocazione o una riflessione o una domanda; e sulla pagina di sinistra un breve approfondimento. Prova ad applicare ciò che hai trovato al tuo problema. Forse lo stimolo ti aiuterà a osservarlo con uno sguardo un po’ diverso. Ma questo libro è anche un serissimo libro da meditare, perché in circa duecento massime l’autore ha condensato il succo di un’esperienza di editing e di insegnamento della scrittura ormai più che ventennale. Non ha l’ambizione di avviare alla professione della scrittura, ma piuttosto quella di aiutare chi muove i primi o i secondi passi nell’umana pratica del raccontare a diventare un po’ più consapevole, un po’ meno ingenuo, e forse addirittura un po’ più bravo.