È buffo ma solo ora, a più di un anno dal termine della stesura del primo volume, realizzo di non avervi mai parlato davvero delle Cronache di Irvania.
Non qui almeno, non su questi lidi. Sulla pagina ho fatto qualche accenno, su Instagram ho caricato qualche foto; eppure non mi sono mai seduta davanti alla pagina bianca di Chiacchiere Letterarie per raccontarvi quella che per me è stata forse l’esperienza più importante degli ultimi anni.
Ho scritto un libro ispirato a D&d; anzi, per la precisione ne ho scritti quasi due.
Detta così, sembra una dichiarazione di vanità. Ebbene sì, anche io, insieme a una folla infinita di aspiranti scrittori, ho dato fondo alla mia arroganza e ho riversato sulla carta i miei sogni e le mie fantasie.
Eppure sono convinta che non sia solo questo, affatto. Per me, le Cronache di Irvania sono state un’esperienza fondamentale. Sono arrivate in un momento in cui ero particolarmente debole e avevo bisogno di fiducia, autostima e sicurezza. Mi hanno mostrato che c’è sempre un modo di superare i cattivi periodi ma, soprattutto, mi hanno insegnato che la scrittura è una delle cose più importanti della mia vita. E che nessuno me la potrà mai togliere.
Ma procediamo con ordine, non voglio che questo articolo diventi un caos incomprensibile di emozioni alla rinfusa, non del tutto almeno. Partiamo dall’inizio, da quattro anni e mezzo fa. Quando c’erano solo nove amici, un tavolo e un manuale aperto tra loro…
D&d e l’inizio dell’avventura
Era il 2016 ed ero a Pisa già da qualche anno. L’università andava male, non riuscivo a trovare il mio spazio e il mio tempo in questa cosa che sembrava così assurdamente più grande di me. Trascorrevo i miei giorni cercando di vincere la malinconia, leggendo molto e scrivendo recensioni qui su Chiacchiere Letterarie, senza però riuscire davvero a tirarmi su.
Poi, un giorno, uno dei colleghi con i quali avevo legato ha chiesto, quasi per caso: qualcuno conosce i giochi di ruolo?
Allora non avevo idea di quanto quella domanda mi avrebbe salvata né di quanto grande sarebbe diventato il debito verso uno dei miei futuri giocatori. Alla sua richiesta ho risposto quasi per inerzia, giusto perché cercavo qualcosa che spezzasse la monotonia di quel periodo.
Ho detto: io gioco a D&d e lui ha rincarato subito con un: ottimo, fai da master? che mi è costato diverse notti insonni e una buona dose di viaggi mentali in cerca del coraggio sufficiente a dire di sì. Sono sempre stata una persona chiusa, introversa e diffidente, ma in quel periodo lo ero forse anche più del solito. Temevo che tutto potesse farmi male e quindi respingevo ogni esperienza con una tenacia che sarebbe stata invidiabile, se non fosse stata così deleteria.
Ma quella volta, nonostante tutta la paura, la diffidenza e la timidezza, ho davvero detto di sì. Ho detto di sì perché ne avevo bisogno e ho detto di sì perché sentivo di meritarmelo. Qualche settimana dopo, in Aprile, mi sono trovata davanti prima sei e poi otto ragazzi che desideravano imparare a giocare a D&d, e che confidavano in me.
Così sono iniziate le nostre avventure. E così, sono rinata.
La nascita delle Cronache di Irvania
Doveva trattarsi di una one-shot, al massimo una mini campagna per imparare i rudimenti del gioco. È durata quattro anni, nei quali ci siamo visti quasi ogni fine settimana, dalle 10 del mattino fino spesso all’1 di notte. Un’avventura che ci ha portati dal 1° al 16° livello, all’interno di un mondo plasmato a nostra perfetta misura.
Ore e ore intorno a un tavolo in cui la storia di Irvania prendeva forma, i personaggi diventavano reali e il nostro rapporto diventava sempre più stretto, fino a dar vita a una delle più belle amicizie che si possano sognare.
Otto giocatori e una master hanno creato Le Cronache di Irvania. Le hanno plasmate con i loro sogni, le hanno nutrite di desideri e aspirazioni. Narrando una storia fantastica, abbiamo imparato a conoscerci a vicenda, ma soprattutto a conoscere noi stessi e ad accettarci per quello che siamo.
Qualche anno dopo aver iniziato, mi sono accorta che le nostre avventure potevano essere raccontate. Che meritavano di essere raccontate. E sono stati i miei giocatori a spronarmi a metterle su carta virtuale.
Devo a loro dunque l’esistenza dei due volumi che vedete qui sopra, uno già completo e uno in pausa in attesa di potergli dedicare tutta l’attenzione che merita. Sono nati entrambi su Wattpad e lì vivranno finché non verrà il momento di dar loro qualcosa di più. Ma già così, sono uno dei tesori più preziosi che possiedo.
Il debito nei loro confronti, e soprattutto nei confronti dei miei compagni di avventura, è ben più grande quanto si possa e si riesca a rendere su una pagina. Eppure, merita di essere raccontato ancora, e ancora, e ancora.
Per non dimenticarlo mai.
Chi sono diventata grazie a Irvania
Questa foto è stata scattata in occasione del quarto compleanno di Irvania, appena un mese prima della fine della campagna. La vedete quella master felice dietro lo schermo? Ecco, questo è ciò che devo a D&d e al mio gruppo di avventurieri.
Nel 2016 ero sperduta, triste buona parte del tempo, devastata per il restante. Mi nascondevo dietro un sorriso di facciata, sperando che il mondo intorno a me non notasse quanto in realtà stavo male per paura di ciò che ne avrebbe pensato. Incapace di vedere l’uscita da quel gorgo, mi trascinavo un giorno dopo l’altro, spaventando quelli che mi volevano bene e che non si facevano certo fregare da quel falso sorriso.
Oggi sorrido praticamente ogni giorno, di un sorriso onesto e guadagnato con le unghie e con i denti. E anche se ogni tanto quei momenti no ritornano, ora so di avere dentro di me gli strumenti per combatterli. Se sono arrivata a questo stato di serenità, ad accettarmi per quella che sono e per ciò che so fare, è perché quattro anni fa ho avuto la fortuna di dire quel sì.
D&d ha cambiato la mia percezione della realtà.
Buffo, no? Gli esperti si scagliano spesso contro il gioco di ruolo sostenendo che aliena i giocatori, che li sconnette dallo realtà. Io, invece, grazie a Irvania mi sono riconnessa. Mi sono ritrovata, proprio lì dove mi ero perduta.
Irvania e i suoi avventurieri mi hanno mostrato cosa sono in grado di fare quando credo in me stessa. Mi hanno ricordato che non sono gli altri a definire chi sono, ma che posso farlo solo io. Che un fallimento non è che un nuovo modo di osservare il successo futuro, e che la creatività e la fantasia sono i più validi alleati nella battaglia della vita.
E queste sono cose che, ne sono certa, porterò con me per sempre.
Anche se è la prima volta che parlo davvero di Irvania, non è la prima che racconto lo stretto legame tra narrativa a GdR. Tutti gli articoli a riguardo sono racchiusi nella sezione Giochi di Ruolo, una delle mie preferite qui sul blog.
Miseria, quando ho aperto questo articolo non pensavo che mi sarei commosso cosi tanto, e sicuramente non credevo che dietro l’inizio di questa avventura ci fossero dei sentimenti e delle sensazioni cosi vicini a ciò che provavo anche io in quel periodo.
Il 2016 per me è stato il secondo anno a Pisa dopo aver combattuto la leucemia e faticavo tantissimo ad andare avanti.
Avevo perso un anno della mia vita, mi ero trasformato in peggio, nel fisico e nella mente: passare la maggior parte del tempo steso in un letto d’ospedale per un anno intero mi aveva completamente prosciugato del fisico che avevo costruito negli anni, ero talmente debole da non riuscire a correre neanche per dieci metri prima che le gambe mi cedessero. Il cancro mi aveva privato dei capelli, che non mi sono mai più ricresciuti come prima. Queste due cose insieme mi avevano strappato via l’immagine che vedevo allo specchio, sostituendola con la versione più brutta, emaciata e debole di me stesso, ai miei occhi uno spettro di quello che ero stato. In un solo anno avevo perso la capacità e dell’abitudine allo studio. La malattia mi privava della mia serentià mentale, sempre sotto osservazione, controlli medici costanti, salute cagionevole, pillole, antibiotici, aghi e prelievi.
Mi privava di tutte quelle esperienze al quale dovevo rinunciare a causa del sistema immunitario ancora troppo debole, per paura di prendermi qualche infezione o malattia, robe che ad altri non avrebbero dato problemi. Vivevo con la paura che, ogni due mesi, il test risultasse positivo, indicando il ritorno della leucemia, stavolta più forte e tenace di prima, probabilmente per devastare definitivamente il mio corpo e uccidermi, prima di compiere 25 anni. Ero arrivato a non pensare a cosa avrei fatto di li a 5 anni, perché “chissà se sarò ancora vivo tra 5 anni”.
La malattia mi aveva privato dei miei amici, che oramai erano un anno più avanti di me negli studi. Mi sono trovato a frequentare l’università con persone più giovani di me, con circoli sociali e gruppi di amici già formati. Persone che, a differenza di me, non avevano mai smesso di studiare. Improvvisamente mi sentivo stupido e lento per la prima volta nella mia vita.
Tutto questo contribuiva a rendere veramente buio e solo il periodo che vivevo. Ma è a quel punto che ho conosciuto Denise e D&D e un GdR mi ha salvato la vita.
In un pomeriggio di sole, seduto al tavolo del bar della facoltà insieme a Denise che avevo appena conosciuto, ho deciso di entrare a far parte di un gruppo di avventurieri. E ad oggi, credo fermamente che sia stata una delle decisioni più importanti, belle e positive che avessi mai potuto prendere.
Creai un curatore senza capelli. “Che originalità!” mi viene da pensare oggi! 🙂 Non so se fu per caso o se inconsciamente avevo messo qualcosina di ciò di cui avevo bisogno a quel tempo. Un personaggio senza background e senza un obbiettivo, se non quello dato da Denise stessa per inserirmi all’interno di quello che, all’epoca, era un esperimento di poche sessioni.
Ma la magia di D&D e dei GdR è questa: al tavolo non sei una perona sperduta,sommersa nei tuoi problemi. Sei un eroe, puoi fare la differenza, puoi guarire le persone in qualche secondo, hai la libertà di plasmarti a tuo volere, mentre crei un’avventura epica insieme ad altrettanto epiche persone.
E così ho cominciato ad avere qualcosa da aspettare con gioia durante la settimana. Io potevo anche pensare di non avere un futuro, ma il mio personaggio lo aveva. Io potevo non avere obbiettivi significativi o stimolanti, ma il mio personaggio salvava le persone. Io potevo detestare ciò che ero in quel momento, ma il mio personaggio era esattamente come volevo e migliorava ogni giorno che passava.
E cosi, nel tempo, è diventato sempre più importante per me sedermi ad un tavolo, circondato da quelle persone che in tutto quel tempo erano diventati i miei migliori amici, a tessere ognuno i propri fili per creare l’incredibile storia di Irvania.
E mano a mano che il tempo passava sempre più il personaggio che avevo scelto mi andava stretto. Ero diventato sicuramente più esperto nel gioco di D&D certo, ma io stesso ero profondamente cambiato. Avevo fatto pace con ciò che mi era successo. Avevo accettato la mia nuova immagine e ciò che ero diventato. La mia salute era migliorata. E, sopratutto, non ero più solo. Facevo parte di un gruppo di persone straordinarie. Ho capito quanto fortunato fossi ad avere degli amici cosi splendidi e rari.
Avevo voglia di avere un personaggio che avesse una sua storia e dei suoi obbiettivi, perché adesso io avevo una storia che ero finalmente abbastanza sereno per raccontare e degli obbiettivi che ero abbastanza ottimista da avere. Un curatore non mi rispecchiava più. Ero un altra persona. Sono un’altra persona. E questo lo devo ai miei amici e a D&D.
Per parafrasare una delle mie autrici preferite:
Oggi sorrido praticamente ogni giorno. E anche se ogni tanto quei momenti no ritornano, ora so di avere dentro di me gli strumenti per combatterli. Se sono arrivato a questo stato di serenità, ad accettarmi per quello che sono è perché quattro anni fa ho avuto la fortuna di prendere la decisione di unirmi a quel gruppo.
Io grazie a Irvania mi sono ricostruito. Mi sono ritrovato, proprio lì dove mi ero perduto.
Irvania e i miei compagni di avventura mi hanno mostrato cosa sono in grado di fare quando credo in me stesso. Mi hanno ricordato che non è una malattia che può definire chi sono, ma che posso farlo solo io. Che la perdita di un anno non è che un piccolo ostacolo in una vita intera, e che la creatività e la fantasia sono i più validi alleati nella battaglia della vita.
E queste sono cose che, ne sono certo, porterò con me per sempre.
Grazie Denise!