Costo:€ € 13,00
Genere: Saggistica
Titolo Originale: N'espérez pas vous débarrasser des livres
Traduzione: Anna Maria Lorusso
Non sperate di liberarvi dei libri è un libro che contiene una conversazione sui libri di due pilastri della cultura letteraria e umanistica di quest’epoca. Jean-Philippe de Tonnac si trova a direzionare un dialogo sui libri, il loro passato e il loro futuro tra Umberto Eco, filosofo, medievista, semiologo e massmediologo che tanto ha dato tanto al mondo della letteratura sia in quanto a saggi che in quanto a romanzi e Jean-Claude Carrière, sicuramente meno conosciuto qui in Italia, sceneggiatore cinematografico e televisivo, autore teatrale e anche romanziere.
Tra queste pagine li sentiamo parlare della loro passione per i libri, confrontarsi sui reciproci gusti e raccontarsi non come studiosi ma come bibliofili, essendo entrambi collezionisti e amanti di opere letterarie antiche.
Il dialogo cerca di tenersi su macro tematiche, ma è difficile tenere “in tema” due menti così vivaci, ed infatti JPT si ritrova spesso a riproporre le stesse domande, cercando di ottenere una risposta lineare, che però, soprattutto nella parte finale, raramente arriva. I due studiosi sembrano completamente assorbiti da un discorso che li appassiona vivamente e risultano incapaci di seguire un discorso legato alla sola domanda.
Questo atteggiamento non è uguale in tutta l’opera, l’inizio risulta molto più lento, direi quasi inamidato. Ma più il discorso va avanti più si slacciano le cravatte e la lettura si fa appassionante e coinvolgente.
In tutto questo girovagare di parole che esplicano perfettamente che cosa vuol dire per un appassionato di letteratura, per un bibliofilo, avere in mano una determinata opera, si risponde, per vie dirette ed indirette alle domande che JPT propone nell’introduzione: di cosa parlano i libri? Perché sono così importanti? Perché qualcuno ne ha paura e qualcuno li deride?
Bisognerebbe spiegarsi che cosa si intende con la parola “libro”. Il discorso potrebbe basarsi sulla dicotomia essenza/sostanza, domanda sicuramente nota agli studiosi di filosofia e che, con l’entrata sul mercato della lettura digitale, si è attaccata come una sanguisuga anche al discorso letterario.
Il libro è composto da un raggruppamento di pagine o dalle parole che questo assembramento contiene? Le vecchie pergamene egizie o giapponesi, che contenevano lunghi racconti o trattati, possono essere definiti libri? Gli ebook possono definirsi libri “veri”? O lo sono un po’ meno per il fatto che il supporto è completamente diverso da quello che siamo abituati a identificare come libro?
JCC ci dice che per lui più del supporto è importante il messaggio e con UE concorda su due punti: come sta succedendo ora con gli ebook anche in passato qualcuno si sarà lamentato dell’introduzione della stampa perché rendeva il libro più asettico rispetto alla scrittura a mano; comunque loro continueranno a preferire la versione cartacea perché sono appassionati anche dei libri in quanto oggetti fisici. Un libro è il suo contenuto, ma le pagine di carta danno un valore aggiunto per chi vede il libro anche come oggetto capace di catalizzare le emozioni, per questo l'oggetto assume un vale affettivo non solo materiale. Resta comunque folle pensare che valga di più la lettura stessa solo perché cambia il sostegno, alla fine i libri è importante leggerli, non far vedere che li si ha. Credo.
A rendere buono o il cattivo un libro sono le parole che in esso sono contenute, il messaggio che vogliono trasmettere. Per questo qualunque sia il supporto un libro resterà sempre tale.
In realtà ciò che si dicono su questo argomento è vasto, sparso per tutto il testo. Come ho già detto divagano molto ed ogni argomento potrebbe essere quello buono per saltare di palo in frasca e introdurre altre questioni o concluderne qualcuna aperta precedentemente.
Bisogna poi tenere presente, quando si parla di libri, quale sia il loro contenuto. In generale il libro, saggio o romanzo che sia, che parli con cognizione di causa o solo sulla base di pregiudizi e teorie infondate ha la funzione di trasmettere conoscenza. Ovviamente questo termine deve essere interpretato nella sua concezione più ampia, leggere Il signore degli anelli non porta a conoscere nozioni che possono essere utili per studio o lavoro (a meno che ovviamente non abbiate un compito inerente al Signore degli anelli), però porta a conoscenza di una storia che, per il solo fatto di essere narrata e letta, trasmette delle nozioni, condivide con il lettore dei comportamenti e delle modalità di affrontare gli eventi.
In ogni caso la conoscenza che trasmette ha un valore diverso rispetto a quella appresa per via orale o iconica, quando si legge un libro infatti si è soggetti attivi nel recepimento delle informazioni, un libro non ci dice niente se non siamo noi a leggerne le parole, al contrario ascoltando qualcuno o guardando un video i livelli di attenzione possono essere anche più bassi, anche se si sta pensando ad altro o non si è concentrati la narrazione prosegue senza tenere in considerazione il nostro interesse nei suoi confronti.
Ma UE e JCC iniziano a parlare anche della loro collezione di incunaboli e libri antichi in genere, della loro mania passione per accumulare libri, della bellezza del sapere che hai un libro a casa da poter leggere appena ti verrà voglia di farlo, ma anche una visione diversa degli appunti e delle sottolineature su di un libro.
Insomma, non sperate di liberarvi dei libri è un elogio più al lettore in quanto amante della parola scritta, che al libro in sé, un libro che potrà anche cambiare supporto, forse, ma che resta libro con la sua funzione di trasmissione di contenuti, che richiede un lavoro attivo, che provoca un attaccamento affettivo quando muove le giuste corde.
Un libro è un libro, così come per il cucchiaio, la ruota, il martello o le forbici non importa il materiale con cui è fatto, perché tanto nella sua funzione resta insostituibile.
Sul libro:
La gaia scienza: raramente l'espressione nietzschiana è stata così azzeccata per un libro… un libro sui libri! Dal papiro ai supporti elettronici, percorriamo duemila anni di storia del libro attraverso una discussione contemporaneamente erudita e divertente, colta e personale, filosofica e aneddotica, curiosa e gustosa. Passiamo attraverso tempi diversi e diversi luoghi; incontriamo persone reali insieme a personaggi inventati; vi troviamo l'elogio della stupidità, l'analisi della passione del collezionista, le ragioni per cui una certa epoca genera capolavori, il modo in cui funzionano la memoria e la classificazione di una biblioteca. Veniamo a sapere perché 'i polli ci hanno messo un secolo per imparare a non attraversare la strada' e perché 'la nostra conoscenza del passato è dovuta a dei cretini, degli imbecilli o degli avversari'. Insomma, godiamo della 'furia letteraria' di due appassionati che ci trascinano nella loro folle girandola in cui ogni giro sorprende, distrae, insegna. In questi tempi di oscurantismo galoppante, forse è il più bell'omaggio che si possa fare alla cultura e l'antidoto più efficace al disincanto.