La ricamatrice di Winchester di Tracy Chavalier è stato il primo libro del nostro gruppo di lettura online. Se ti andasse di partecipare puoi iscriverti alla Newsletter, seguirci sulla pagina facebook o sul canale Telegram, così avrai gli aggiornamenti sulle nuove letture e i nuovi incontri.
L’incontro che abbiamo fatto su questo romanzo ha messo in luce tutto ciò che di buono può nascere quando si chiacchiera su un libro. Lo scambio di idee e opinioni arricchisce la lettura stessa, permettendo ad un libro che non mi aveva particolarmente colpito di essere visto anche sotto luci diverse.
Devo ammettere, infatti, che La ricamatrice di Winchester non mi ha entusiasmato particolarmente. Non ho mai letto altro di questa autrice, ma visto come viene osannato La ragazza con l’orecchino di perla avevo aspettative abbastanza alte. Aspettative che si sono rivelate corrette per quanto riguarda lo stile di scrittura, ma che mi hanno deluso fortemente per trama e personaggi.
Trama
La protagonista di questo libro, Violet Speedwell, ha ormai 38 anni e a causa della prima guerra mondiale, che le ha portato via fratello e fidanzato, è una delle tante “donne in eccedenza” che il conflitto ha creato.
Un giorno decide di andare via da Southampton, dove vive con la madre con la quale non c’è un buon rapporto, per andare a vivere da sola a Winchester.
In questa nuova città lavora come dattilografa per una compagnia di assicurazioni e riesce anche ad entrare nell’associazione delle ricamatrici della cattedrale. Grazie alla sua partecipazione a questa rinomata associazione si circonderà di personaggi che le permetteranno di riprendere in mano la propria vita.
Quattro chiacchiere su La ricamatrice di Winchester
Nonostante il gruppo di lettura mi abbia permesso di rivalutare alcuni particolari che in prima battuta non mi avevano fatto impazzire, il libro per me rimane abbastanza deludente. Nonostante abbia apprezzato molto la scrittura della Chavalier, credo che abbia messo troppa carne al fuoco e quando alla fine ha tirato i fili tutto l’arazzo che aveva creato è risultato solo un groviglio di fili.
Lo stile di scrittura è abbastanza descrittivo da permettere al lettore un’immersione nelle ambientazioni inglesi, senza però risultare troppo pesanti da rendere il romanzo una lettura lenta e noiosa. È proprio lo stile di scrittura che mi ha permesso di divorare questo romanzo anche se non sono riuscita a godermi lo svolgersi degli eventi.
In questo romanzo Tracy Chavalier cerca di fare luce sulla situazione della donna dopo la prima guerra mondiale, in particolare per quelle che vengono chiamate “le donne in eccedenza”. Il problema però è che non si ferma a questo concetto, ma cerca di inserire nel calderone anche tanti altri temi, forse troppi per portare a termine la trama in maniera coerente.
Il romanzo finisce per essere un grande minestrone di personaggi e di temi, dove nessuno riesce ad avere la giusta dose di importanza, neanche la storia della protagonista stessa. Questo elemento è particolarmente evidente nel finale, dove sembrano annullarsi tutti gli intenti precedenti dell’autrice.
“Le donne in eccedenza”
Dopo la prima guerra mondiale ci fu una carenza di uomini, dovuta alle numerose morti maschili sul fronte di guerra. Da queste numerosissime morti derivarono “le donne in eccedenza”, ossia tutte quelle donne, generalmente sopra i trent’anni destinate a rimanere da sole.
Di questa categoria fa parte anche la nostra protagonista, Violet e alcune delle sue amiche.
Credo che il libro sarebbe stato più coinvolgente se l’autrice avesse deciso di concentrarsi esclusivamente su questo risvolto. Mettendo in mezzo tutti gli altri temi mi ha dato l’impressione di aver depotenziato il messaggio. Le problematiche delle “donne in eccedenza” vengono trattate solo marginalmente rispetto ad altri temi. La ricamatrice di Winchester alla fine rimane spesso un coprotagonista all’interno della sua stessa storia. Come se l’autrice stessa non sapesse cosa far fare ad una donna oltre al mondo familiare.
Il finale
Il romanzo per più di 200 pagine mostra al lettore quanta poca libertà di azione avesse una donna nella prima parte del ‘900. Ogni possibile discriminazione a danno di una donna, per di più zitella, è stata portata alla luce. Violet, non sembra venir mai a patto con se stessa e con la sua condizione, per questo reputo il finale la parte peggiore del romanzo.
Le discriminazioni nei confronti delle donne sono alla base di tutto il romanzo, dal luogo di lavoro all’ambiente familiare. Quello che ci si aspetta è che la protagonista prenda finalmente in mano la propria vita, mostrando che essere “zitelle” non vuol dire rinunciare alla propria vita. Invece ad un certo punto la storia perde completamente la direzione, dimostrando solo che una donna non può essere completa in se stessa. Che per poter valere qualcosa deve sempre e comunque creare una famiglia.
Insomma, trovo alcuni concetti trasmessi dal finale completamente sbagliati. Ci sono elementi che finiscono per alimentare i pregiudizi più di quanto cerchi di ridimensionarli.
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