Questo racconto fa parte della prima call di Chiacchiere d’Inchiostro, un progetto pensato per dare spazio e visibilità alle vostre voci. Per sapere come funziona e come partecipare al progetto, vi rimandiamo all’articolo di presentazione.
«Papà?», pigolò la vocina di Asia, qualche decibel al disopra del sussurro del televisore.
Stefano alzò gli occhi al cielo, lanciando uno sguardo all’orologio digitale appeso al muro di fianco al maxischermo. Le rosse cifre luminose non lasciavano margini di incertezza. Le ventuno e quaranta.
Appoggiò la bottiglia di birra bevuta a mezzo sul basso tavolinetto davanti al divano, e si alzò con un grugnito. Se avesse saputo che Asia avrebbe fatto tante storie per addormentarsi, avrebbe insistito perché Denise rimanesse a casa, invece di uscire a cena con le amiche. Il programma però gli era parso allettante: bimba a letto un quarto alle nove, dieci minuti di coccole, poi divano, in tempo per guardarsi il posticipo domenicale, piedi sul pouf e birra fredda.
Purtroppo, Asia aveva scelto proprio quella sera per diventare intrattabile. Da quando l’aveva messa a letto era già alla terza chiamata, di gustarsi la partita neanche a parlarne. Fanculo agli errori di valutazione.
Indugiò qualche secondo, concentrato sulla televisione. Sul monitor OLED le sagome dei giocatori spiccavano ben definite sul campo verde. Era una fase di gioco particolarmente combattuta, l’equilibrio durato per gran parte della prima frazione poteva venire spezzato da un momento all’altro. Pregò che Asia si riaddormentasse.
«Papà?», ripeté invece la vocina.
Stavolta c’era un senso di urgenza nella singola parola pronunciata dalla bimba, quasi un afflato di panico, e questo lo fece decidere. Asia a volte si rendeva insopportabile, nell’agitazione dei suoi cinque anni, ma era quasi sempre adorabile. La amava molto.
Si avviò lungo il corridoio fino alla porta d’ingresso della loro camera, ed entrò nella stanza. Il lettino della figlia era a fianco del loro matrimoniale, dal lato di Denise.
Quella era una cosa sulla quale loro due avevano discusso parecchio. Lui era convinto che una bimba a breve seienne dovesse dormire in camera sua, senza se e senza ma. Sua moglie invece era una sostenitrice della necessità di seguire i tempi fisiologici dei bambini, cosa che a suo parere contribuiva a infoltire il numero di bamboccioni viziati. Fatto sta che alla fine il lettino di Asia aveva messo radici in camera loro.
Questi pensieri gli attraversarono la mente in un istante, senza che neppure se ne accorgesse, rinfocolando la sua irritazione. Si avvicinò, guidato dall’illuminazione della lampada di conforto di Topolino, e si impose la calma.
«Che c’è, piccola? Cerca di dormire», mormorò, chinandosi sulla figlia.
Asia abbassò il lenzuolo a scoprire il visetto, e nella luce fioca poté vedere i suoi occhi. Erano scuri ed enormi.
«Non posso, papà.»
«Non puoi? Come mai?»
Silenzio.
«Tesoro, cosa c’è?»
Lei continuò a fissarlo, con i suoi neri occhi da cerbiatto.
Si sedette sul matrimoniale, e appoggiò i gomiti sulle ginocchia. Percepiva i prodromi di una bella emicrania. Ci mancava solo quello.
«Asia, bisogna che dormi. Prima mi hai chiamato per la pipì, e non era vero. Poi perché avevi sete, e hai bevuto giusto un sorso d’acqua. Non puoi andare avanti così tutta la notte, eh?»
«Io…»
«Cosa?»
La bimba strinse il lenzuolo sul petto, la boccuccia che le tremava visibilmente. In un moto di meraviglia, Stefano si rese conto che era sull’orlo delle lacrime.
«Ho paura.»
«Paura? E perché?»
«Perchè c’è un mostro sotto al letto.»
Per un istante Stefano non capì, poi riuscì a realizzare quello che Asia gli aveva detto. L’emicrania ruppe gli indugi e gli cinse il capo con le sue dita rugginose.
Un mostro sotto al letto. Un fottuto mostro sotto al letto. Una serata tranquilla, e una partita tranquilla, andate in casino perché la bambina vedeva i mostri.
Il suo nervosismo divenne autentica rabbia, ciononostante mantenne il controllo. A fatica.
«Ma davvero», disse, ironico. «Sotto al mio o sotto al tuo?»
Asia fece emergere rapidamente dal lenzuolo una manina, e indicò il letto su cui era seduto.
«Ah, è qui? Proprio qui sotto. Quindi potrebbe afferrarmi un piede da un momento all’altro.»
L’espressione della bimba si deformò in una smorfia. Caldi goccioloni iniziarono a correrle sulle guance. Fece un rapido cenno affermativo, respirando in singhiozzi convulsi.
«Bene. Allora ci guardo, che ne dici? Così magari mi porta via la faccia, e ci facciamo quattro risate!»
Si chinò senza indugio tra i due letti, infischiandosene del terrore dipinto sul viso della figlia, e lanciò una lunga occhiata. A parte un paio di ciabatte dimenticate, e una nutrita serie di bioccoli di polvere, non c’era nulla.
«Ehi, mostro! Vieni fuori, vuoi? Siamo qui che aspettiamo!»
Il turbine d’ira che gli affollava i pensieri era così intenso da impedirgli di controllare il suo sarcasmo. Sapeva che la stava spaventando ancora di più, ma in un certo senso gli sembrava giusto. Doveva imparare. Doveva smettere di farsi soggiogare dalle sue paure. E cosa c’era di meglio che fronteggiarle?
Si rimise in piedi.
«Niente, accidenti. Sarà tornato in mostrolandia, o in mostronia, o che so io.»
La voce tremante della bimba emerse dal viluppo di lenzuola.
«Papà…»
«No, no», la interruppe brusco lui. «Se c’è un mostro sotto al letto dobbiamo difenderci. Adesso ci penso io, non preoccuparti.»
Uscì a passo deciso dalla stanza, sordo ai singhiozzi della piccola, e si diresse in cucina. Accese la luce della cappa, aprì il cassetto delle posate e rimestò furiosamente, finché non lo trovò. Il coltello per sfilettare il pesce. Lo soppesò, poi richiuse il cassetto con un colpo d’anca e tornò alla camera, brandendolo come una spada. Entrò nella stanza con un balzo, forse per imitare un cavaliere in soccorso della sua bella, ma l’effetto fu opposto. Asia, che si era tirata un po’ più a sedere verso il cuscino, si mise a piangere a dirotto.
«Papà, no…»
«Come no? Adesso gli faccio vedere io. Glielo mettiamo in quel posto, a quel mostro di merda. Lo tagliamo.»
Si chinò ancora sotto al letto, nel buio, fingendo di fendere un nemico invisibile. La testa sembrava esplodergli.
«Ecco, è questo che vuoi, mostro del cazzo? Ti va se ti taglio?»
Di nuovo in piedi. Mosse il coltello nell’aria, strappando fiochi riflessi di luce alla lama, lunga e sottile come uno stiletto.
«Sai cosa ti dico? Gli facciamo un bell’agguato, a quello stronzo. Sta’ a vedere.»
Si sdraiò sul letto sollevando le gambe da terra, senza curarsi del panico di Asia, e lasciò scivolare un braccio oltre il bordo del materasso.
«Lo peschiamo, quel bastardo, che ne pensi? Ehi, sono qui! Afferrami. Vieni, che ci facciamo un bel sushi di mostro!»
Fece penzolare la mano avanti e indietro, sfiorando il pavimento freddo con i polpastrelli.
«Papà!»
Un grido, stridente come unghie su una lavagna.
«Cosa? Che c’è?», urlò, inviperito.
«Ti prende!», strillò la bimba schiacciandosi contro la parete, gli occhi così dilatati da sporgere dalle orbite.
Stefano stava per alzarsi a sedere, deciso a darle una bella spolverata al fondoschiena. Quando ci vuole ci vuole. Ma si bloccò.
Perché gli era parso di sentire sulle dita un tocco freddo, più freddo delle piastrelle di ceramica. Il tocco sembrò risalirgli lungo la mano, come se gli stessero infilando un guanto fatto di ghiaccio. Perse la sensibilità fino al polso. Mentre Asia continuava a gridare, venne trascinato sotto al letto in un unico, colossale strattone.
Denise rientrò poco dopo le undici. Era stata una bella serata. Stefano era stato gentile a occuparsi di Asia al suo posto. Di certo non poteva lamentarsi del marito, la aiutava ogni volta che poteva. Entrò in casa con cautela, per non fare troppo rumore. Avevano tutti il sonno leggero, in famiglia.
Mentre si toglieva la giacca, si accorse che la luce della cappa in cucina era accesa. La spense distrattamente, e si diresse in sala. Era accesa anche la televisione. E di Stefano, ovviamente, nessuna traccia. Sorrise. La rimproverava sempre di lasciare accese le luci dappertutto, poi era il primo a farlo. Magari si era addormentato.
Si tolse anche le scarpe, quindi camminò a passo leggero fino alla camera da letto. La lampadina di conforto era accesa. E nella semioscurità vide la sagoma di Asia, raggomitolata sotto le lenzuola. Scosse il capo. Come facesse a respirare così avviluppata era un mistero.
Girò intorno al matrimoniale, pensando distrattamente che a quel punto Stefano non poteva essere che in bagno, e abbassò con delicatezza il lenzuolo. Il viso di Asia emerse dal tessuto cincischiato. Aveva i capelli incollati alla fronte, le guance bagnate di lacrime, un ghigno di terrore dipinto sulle labbra. La fissò negli occhi, disperata. Denise ne fu scioccata.
«Amore. Che c’è? Stai bene?»
La bimba scosse la testa.
«… c’è il mostro sotto al letto…»
Denise non rispose. Semplicemente, con l’intuito che è proprio delle madri, lo percepì.
Si girò verso il matrimoniale, sotto il matrimoniale. Si chinò, si chinò, a guardare tra le tenebre. E in esse vide Stefano, il volto deformato in una smorfia d’odio, i denti esposti, gli occhi arrossati da pazzo. La visione fu così inattesa che la bocca le si spalancò per lo stupore, e le gambe le cedettero. Cadde a sedere sul pavimento. Stefano ne approfittò per strisciare fuori, mentre Asia ricominciava a gridare. Si alzò in piedi, a dominare sua moglie. Sollevò in alto il coltello.
«Ti taglio», gracchiò.
E calò il primo fendente.
Qualche nota sull’autore
Nato a Modena nel 1972, residente sulle prime colline del modenese, Massimiliano Albicini ha seguito un percorso accademico discontinuo sino alla laurea in fisioterapia, ambito nel quale attualmente esercita.
Da sempre appassionato lettore, soprattutto di letteratura contemporanea e fiction, ha deciso da un paio d’anni di dedicarsi alla scrittura in prima persona. A ottobre 2019 ha pubblicato il suo romanzo d’esordio, un thriller-horror dal titolo «Le grida nel cuore», con la Brè Edizioni di Treviso. A dicembre 2019 ha pubblicato un racconto dal titolo «Sumo» sul numero 7 della rivista «Il Buio, rivista dark», finalista al Premio Italia come rivista professionale.
Oltre a «Le grida nel cuore», ha già completato la stesura di altri due romanzi sempre di narrativa fantastica, intitolati «La terza era» e «Il viaggio di Orso», ed è attualmente al lavoro su una quarta opera.