Gone Girl di Gillian Flynn è forse il libro/film più chiacchierato dell’ultimo periodo ed è stato particolarmente difficile tenermi lontana da ogni spoiler prima di leggerlo. Sapevo però già da qualche cenno che per godersi a pieno questo geniale thriller è indispensabile arrivarci ignari dello sviluppo della trama, e così l’ho preso in mano carica di aspettative e curiosità.
Ebbene non posso che dire che la lettura ha non solo soddisfatto tutte le aspettative ma è stata anche una grossa sorpresa e un piacere inatteso; Gone Girl è a tutti gli effetti entrato a far parte dei miei libri preferiti.
Ma cos’è effettivamente questo libro così particolare?
L’amore bugiardo (titolo in italiano molto distante da quello originale ma comunque molto attinente alla trama) è un thriller psicologico basato totalmente sulle opinioni che ogni lettore si crea durante lo sviluppo della vicenda.
Nick Dunne, il nostro protagonista americano, rientra a casa una mattina e scopre che sua moglie, Amy Elliot è scomparsa dopo quella che pare una violenta lotta avvenuta nella casa; quando la polizia inizia ad indagare, una serie di elementi sembrano accusare proprio Nick.
Il romanzo alterna magistralmente in ogni capitolo il presente, raccontato da Nick, e il passato, dalle pagine di diario di Amy.
È stato davvero Nick Dunne a far sparire la moglie? Preferisco fermarmi qui con la trama per non rovinarvi l’esperienza di lettura.
Non è semplice spiegare quale serie di emozioni ha suscitato in me questo romanzo; in primis direi curiosità, una curiosità morbosa di conoscere le varie motivazioni, tale da non permettermi di poggiare il libro quasi neanche per mangiare.
E poi ammirazione, anche se diluita in un mare di incomprensione e perplessità. E soprattutto tanta tanta stima per l’autrice, che è riuscita ad orchestrare così bene questa storia.
La cosa che più mi ha stupita è quanto sia difficile dare un giudizio sulle azioni dei vari personaggi; non è per niente facile schierarsi da un lato o dall’altro perché tutti i personaggi hanno tratti in luce e tratti in ombra.
Questo mi sembra anche un buon punto dal quale cominciare a parlare del film. Il film è diretto da David Fincher (già regista tra gli altri de Il curioso caso di Benjamin Button, Fight Club e Millennium – Uomini che odiano le donne) e ha come interpreti principali Ben Affleck come Nick e Rosamund Pike come Amy. Ho apprezzato molto l’interpretazione di entrambi i protagonisti, per quanto io non sia un’appassionata di Ben Affleck, e ho trovato splendida e perfetta la Pike (che a mio avviso meriterebbe l’Oscar per questa interpretazione). Per quanto io non sia assolutamente un’esperta di cinema, ho trovato molto belle ed interessanti sia la regia che la fotografia del film; inoltre mi sono piaciuti molto i colori adottati, molto freddi, che richiamavano alla perfezione l’ambiguità del romanzo e la particolarità della trama.
Ciò che invece non ho apprezzato appieno sono state alcune scelte di sceneggiatura, (cosa che si riallaccia alla parte sulle luci e ombre dei vari personaggi) scritta sempre dalla Flynn, che a mio avviso distorcevano un po’ il significato della storia (mi rendo conto però che essendo lei la sceneggiatrice magari sono io che non ho afferrato bene nel film tutti i passaggi o che ho trovato significati un po’ diversi da quelli di origine).
In generale comunque il mio giudizio resta altamente positivo sia per il libro che per il film, anche se con una spiccata preferenza per il primo, che ho trovato molto più chiaro e profondo.
Se non avete ancora letto il libro o visto il film e non volete quindi spoiler la recensione finisce qui, spero di avervi incuriosito abbastanza da spingervi ad immergervi nelle atmosfere particolari del Missouri di Gone Girl.
Se invece l’avete letto e volete sapere cosa ne penso del finale e del romanzo in modo più approfondito potete aprire la tendina Mostra spoiler qui sotto 🙂
Innanzitutto premetto che avevo intiuto che Amy fosse sparita di sua spontanea volontà per far accusare il marito del suo omicidio (eh, poco Sherlock Holmes :P), ma non ero assolutamente arrivata anche solo ad immaginare quanto psicopatica fosse. Certo, avevo intuito che una persona che cerca di incolpare il proprio marito della sua morte non sia totalmente sana di mente, ma pensavo che lui fosse un grande s*****o e che lei cercasse di fargliela pagare (e l’opinione negativa su Nick persisteva proprio per il fatto che lei cercasse di incolparlo, insomma un cane che si morde la coda). Il problema, e anche ciò che ho apprezzato maggiormente, è stata tutta l’ambiguità che si crea tra le due figure; Nick è ritratto male dall’inizio a causa del diario di Amy, ma quanto di quello che c’è scritto è vero e quanto è falso? E la pazzia di Amy quanto è frutto del suo passato, dei libri dei genitori, del matrimonio disastroso? D’altronde tutti i personaggi che hanno subito la vendetta di Amy, l’hanno subita in proporzione alle loro colpe. Quindi se è arrivata a contemplare un tale piano, quanto era grande per lei la colpa di Nick?.
Inoltre ho trovato molto emblematico che lei volesse uccidersi davvero all’inizio, lasciando pensare che fosse davvero innamorata del marito, cosa confermata anche dal suo ritorno a casa. Sembra quasi che la Flynn voglia dirci che ognuno di noi ha l’amore e il matrimonio che gli spettano e che quindi due disadattati come Nick e Amy non possano che essere destinati al matrimonio e ad amarsi quasi contro la loro volontà. Quanto quello che sono diventati è frutto di quello che si sono fatti? Si conoscono talmente bene e si riconoscono così alla perfezione da rischiare di non poter vivere se non insieme, anche a dispetto della loro stessa volontà.
Quello che mi ha invece delusa un po’ nel film è che manca tutta l’ambiguità sul personaggio di Nick. Certo all’inizio non si può che odiarlo, ma quando si scopre che il diario e la sparizione sono tutta una macchinazione di Amy lui ne esce totalmente pulito, diventa il buono, la vittima. Nel romanzo invece ho trovato davvero difficile provare pena per questo personaggio che a mio avviso è oscuro quanto, se non più di Amy (non dimentichiamoci che nel libro, dal momento in cui capisce che la moglie ha orchestrato il tutto lui non desidera altro che ucciderla, non si pone mai nessun dubbio su quante colpa abbia. Quale persona normale agirebbe in questo modo?)