Costo:€ 15,00
Genere: Saggistica
Quando si parla di saggistica credo che una premessa sull’autore sia assolutamente necessaria. Per lo meno per la saggistica che tratto io. Quindi, chi è Dario Bressanini e perché ciò che scrive in questo libro è interessante?
Dario Bressanini è un “Divulgatore scientifico, cuoco amatoriale, chimico che odia la disinformazione, specialmente in campo alimentare”, come scritto nella sua pagina facebook.
Quando parla di cucina quindi non lo fa da un punto di vista soggettivo o emotivo, tutto ciò che viene scritto in questo libro è corredato da fonti varie ed accurate. Proprio la prima parte del volume si sofferma abbondantemente su cosa sono le fonti e da cosa derivano, come andrebbero interpretate (e come invece molti estrapolano dati a piacimento) e perché alcune valgono di più, altre di meno e qualcuna anche meno di zero.
Se volete informarvi un po’ meglio su di lui e sul suo lavoro vi consiglio di passare sul suo blog su Le scienze, che si chiama tra l’altro “Scienza in cucina”. Dal blog troverete anche i rimandi a tutti i social su cui potete trovarlo (da poco ha anche aperto un canale youtube che trovo eccezionale).
Dopo questa premessa iniziamo a parlare del libro.
I temi trattati sono vari e ovviamente si rifanno tutti alla disinformazione in campo alimentare, il libro è stato scritto nel 2010 e in questi anni le bufale di cui parla invece che essersi sgonfiate ritornano ciclicamente, magari cambiando leggermente il tiro (neanche così tanto), ma continuando a disinformare inutilmente chi, come me, di chimica alimentare ci capisce poco o niente.
Dopo una parte iniziale sull’importanza delle fonti quando si vuol dare un valore scientifico a ciò che si espone e sostiene, continua parlando delle modalità di produzione, quindi ciò che riguarda gli OGM e la differenza tra sostanze naturali e artificiali, le coltivazioni biologiche ed ovviamente anche il km0. Nell’ultima parte si parla invece di alimenti e casi specifici in cui è stata fatta disinformazione (ad esempio lo zucchero, il latte o la presenza di sostanze nocive all’interno degli alimenti).
Ognuno di questi temi è trattato con una particolare accuratezza scientifica, come già accennato, ogni affermazione ha una nota di riferimento dalla quale potersi informare direttamente sull’argomento. Una cosa che mi sento di dirvi, visto la dilagante presenza di opere di saggistica sui temi alimentari è di stare sempre molto attenti alla quantità e qualità di note presenti in queste opere. Falsificare un dato, riportarlo solo parziale o volutamente non citare nessuna fonte è una metodologia molto semplice da adottare quando si vuole dare forza a ciò che si pensa, senza controllare (o ignorando volutamente) che i fatti confermino le nostre ipotesi.
Partiamo da un presupposto, se devo farmi difendere in tribunale non chiamo un architetto, se devo costruire una casa non chiamo un avvocato, se devo operarmi non accetto sicuramente che a farlo sia uno storico. Non so se per voi è la stessa cosa, ma quando voglio sapere informazioni su un argomento le persona a cui do più valore sono coloro che su quell’argomento ci hanno speso anni della loro vita, non quelli che mi dicono ciò che voglio sentirmi dire. Ovviamente ho le mie idee da ignorante in materia un po’ su tutto, sull’alimentazione in primis, ma non metto la mia opinione al di sopra dei fatti. Perché dico questo? Sono sempre stata una fervente sostenitrice del km0 e della stagionalità (e lo sono tutt’ora), perché ho sempre pensato che meno viaggi fanno gli alimenti meglio è per l’ambiente e che acquistare verdure di stagione (oltre al notevole risparmio monetario) mi permette di avere alimenti migliori dal punto di vista organolettico.
Quando si parla di questi argomenti Bressanini mi ha fatto capire quali erano le mie fallacie logiche, principalmente quelle di prendere in considerazione un solo aspetto della produzione, pensare solo al trasporto, senza tenere in conto che le piante hanno bisogno di un clima particolare per crescere o l’import/export dei prodotti tipici (senza contare coloro che ignorano la stagionalità degli alimenti) è inutile. Quello che si risparmia in carburante lo si deve mettere per il mantenimento delle serre per esempio, alla fine si rischia che tutto il discorso del risparmio si annulli.
Continuerò a dare un occhio di riguardo ai prodotti locali e stagionali (in particolare a quest’ultima caratteristica perché mi piacciono di più), ma capisco anche che vedere il solo km0 come la migliore strategia possibile per il mangiare bene è alquanto limitato. Il fatto che i dati non diano conferma al mio pensiero riguardante questa scelta non mette in crisi ciò che penso sul cibo, semplicemente amplia il mio modo di vedere e mi permette di essere più critica sulle scelte che faccio.
Detto questo. I dati sul biologico, OGM e strategie di marketing new age varie sono abbastanza chiari, o meglio, non lo sono per nulla. Ogni ricerca dice la sua, a seconda delle colture che prende in riferimento e dei valori che considera, guardarne solo una parte (quella che fa più comodo ovviamente) può facilmente confermare le nostre tesi sul cibo, ignorare tutto il resto o catalogarlo come “non rilevante” o “di parte” mette in luce una disonestà intellettuale di cui non c’è bisogno e che non porta da nessuna parte.
Le informazioni condivise da questo libro non sono espresse per convincere a fare una scelta piuttosto che un’altra (l’autore spesso conferma che non smetterà di mangiare pesto o biologico perché “delle ricerche dicono che…”), ma solo per farci capire che la realtà è molto più complessa di una semplice immagine condivisa su facebook, che credere a tutto ciò che ci viene detto è sciocco oltre che inutile. Si dice spesso che “le multinazionali vogliono nascondere cose”, però ci si dimentica che anche dietro a prodotti come il bio o lo zucchero di canna esistono multinazionali, le ricerche possono essere falsificate da entrambe le parti.
Il terrorismo alimentare è ovunque e alla fine si risolve sempre in un “compra questo non quello”. Ma alla fine qual è il motivo per il quale ci si comporta così?
Uno studio (citato nel libro) dimostra che le persone che hanno un atteggiamento che reputano maggiormente salutare in un ambito si comportano peggio da un lato opposto, come se comprare solo bio eliminasse la pericolosità di un pacchetto di sigarette al giorno o lo zucchero di canna nel caffé eliminasse la frittura mangiata quotidianamente. Praticamente come se seguire determinati dettami servisse più a pulire la coscienza che a migliorare veramente il proprio stile di vita.
La parte razionale che è in me si è felicemente cullata tra le pagine di questo saggio. Seguo Dario Bressanini da anni ormai, ma la condivisione dei suoi articoli viene costantemente sommersa dalla condivisione di immagini shock e clickbait inutili e fuorvianti. Potermi immergere nella lettura senza essere bombardata da altri duecento stimoli è stato rinvigorente, ma mi ha anche fatto capire perché tante persone credono a tutto ciò che viene condiviso su facebook.
Io ho impiegato una settimana circa a leggere questo libro, un breve articoletto senza fonti su fb ti dice tutto ciò che devi sapere già dal titolo e dice esattamente ciò che vuoi sentirti dire. Meglio di così!?
Una pecca però credo che questo saggio la abbia. So che dalla scrittura è difficile intuire il tono che viene utilizzato dall’autore, ma ammetto che in non pochi casi mi sono sentita un po’ sbeffeggiata per il mio non sapere qualcosa. Questo stile di scrittura mi è sembrato molto diverso da quello utilizzato sul blog, anche perché altrimenti non avrei iniziato a seguirlo (non amo sentirmi prendere in giro perché non so una cosa che, visto il mio percorso di studi, non sono tenuta a sapere). Mi piace la saggistica quando è fruibile anche da coloro che mai si sono avvicinati a questa disciplina ma ne sono comunque incuriositi, avere come “maestro” una persona che ti prende in giro per quello che ancora non sai non è certo il massimo.
Non credo che lo stile sia voluto, ma resta comunque un elemento che ho trovato un po’ fastidioso. Magari dipende anche dal fatto che Pane e bugie è stato uno dei suoi primi saggi divulgativi, il prossimo libro suo che leggerò probabilmente sarà La scienza della pasticceria. La chimica del bignè, volume decisamente più recente che sto puntando praticamente dal giorno in cui è uscito, poi vi dirò se la questione cambia!
Voi avete letto questo libro? Vi è piaciuto?
Ma soprattutto, vi è mai capitato di cambiare idea su qualcosa quando i dati vi hanno dimostrato che eravate in torto?
Il libro:
Il pesto è cancerogeno. Lo zucchero bianco: per carità! Meglio quello di canna. Il glutammato fa malissimo… E gli spaghetti radioattivi? Ah no, io compro solo pane biologico, prodotti locali e di stagione. Quanta apprensione intorno alla nostra tavola. E quante bugie. Ma a chi dobbiamo credere? L’approssimazione in cucina non funziona, nemmeno per preparare un piatto di spaghetti. Meglio verificare quanto Tv, Web, giornali, radio ci propinano ogni giorno: mentre ci scanniamo sugli OGM in realtà già mangiamo frutta, verdura e cereali derivati da modificazioni genetiche indotte da radiazioni nucleari (perché nessuno lo dice?); abbiamo il terrore della chimica ma ci dimentichiamo che per esempio la vanillina è un estratto da una lavorazione del petrolio e che il caffè contiene sostanze cancerogene. Mostri come la fragola-pesce e altre diavolerie occupano il nostro immaginario, ma quali sono davvero i rischi che corriamo? Ecco un aiuto a non farsi ingannare da messaggi troppo facili ed emotivi.