Sulla soglia, improvvisamente, l’ometto si blocca. Il pentolino tintinna sulla borraccia, al lato dello zaino. Lo sguardo si fa lontano, assente.
«Ma aspettate un attimo» mormora. Sopraccigli si sollevano, seguiti da qualche dubbio, e un lieve brontolio. «Vi siete mai chiesti… perché?» Sbuffi e borbottii s’alzano dalla sala. “Oh no, di nuovo” sospira rassegnato qualcuno, “Eh, che ci vuoi fare?” risponde qualcun’altro. “Immagino l’unica sia… aspettare” suggerisce una voce, e con fruscii e tintinnii sgabelli vengon occupati, boccali rabboccati, zaini posati. Anche oggi, si parte domani.
[nota oramai tradizionale: si può dire che qualcosa è regolarmente irregolare? Le uscite di questa serie continuano a frantumare ogni deadline, assieme a qualcos’altro, e sono probabilmente uno dei migliori esempi di pura e schietta casualità.
A parte gli scherzi, devo porgere le mie scuse a tutti i lettori. Sono accadute cose brutte, cose belle, cose fantasticamente inattese, che hanno spazzato via la regolarità in tante sue accezioni, compresa quella di questa serie. Ora che la tempesta è quasi finita dovrebbe ritornare una parvenza di normalità. Ma il condizionale è d’obbligo e perciò non mi e vi illuderò ulteriormente con promesse di date e scadenze. Le puntate, quindi, usciranno quando (e se) saran pronte, il mio consiglio è di aggiungere il blog ai vostri segnalibri così da rimanere sempre aggiornati e leggere intanto altri articoli]
Che fine ha fatto il quattro?
Solitamente, dopo il tre viene il quattro.
Però mentre preparavo l’episodio mi sono reso conto che nella mia trattazione teorica mancava qualcosa. Dopo aver speso tante (forse troppe) parole cercando di definire accuratamente strutture e caratteristiche di un’avventura, mi son ritrovato con un’impalcatura a mio giudizio strutturalmente solida, ma dalle fondamenta un po’ troppo eteree.
Preso dal furor cogitandi, ho omesso qualcosa di essenziale. Qualcosa di tanto profondo e importante da diventare istintivo, naturale e invisibile come il respirare e ignorato in una trattazione ad alto livello.
Questo qualcosa è il Perché.
La domanda primaria: Perché
Perché impugniamo i dadi e ci sediamo attorno ad un tavolo per ore e ore discutendo e raccontando? Perché indossiamo il tanto possente quanto pesante cappello del DM? Perché ci ritiriamo nei nostri laboratori per settimane martellando e distillando l’avventura perfetta?
Non esiste risposta a tale domanda che possa esser contenuta in questo articolo. Una discussione sensata richiederebbe anni e migliaia di pagine, in un discorso che esulerebbe rapidamente dall’ambito di questo blog per toccare tanti altri aspetti dell’umanità. Però possiamo forse restringere il campo, concentrarci sul piccolo frammento che concerne il GdR e, nello specifico, ciò che può tornarci utile per costruire un’avventura.
Capire cosa spinge un gruppo di persone, tipicamente con interessi e trascorsi diversi e variegati, a condividere gioie e dolori di una storia collettiva è estremamente utile per il creatore d’avventure. Una volta penetrato il segreto, individuata la forza primordiale, diventa possibile imbrigliarla, cavalcarla per dare corpo a personaggi e avventure che rimarranno nelle memorie e sperabilmente nei cuori dei giocatori.
O almeno, così credo. Personalmente non ho nemmeno scalfito la superficie dell’arcano, ma ho incontrato persone che son andate parecchio più a fondo, e ho molto discusso e ragionato. In questo articolo voglio condividere le mie conclusioni.
I tre archetipi
Esplorare il perché nel suo insieme è, come già detto, un’impresa troppo imponente. Ho quindi cercato le risposte più comuni alla sua accezione più ristretta, perché decidiamo di imbarcarci in un’avventura. Ciò mi ha portato a individuare tre grandi classi di giocatori. Avrebbe senso distinguere ulteriormente tra giocatore vero e proprio, Dungeon Master, e creatore d’avventura, ma renderebbe ancora più prolisso un articolo già per nulla snello, quindi mi terrò sul generico, scendendo nello specifico solo dove necessario e interessante.
Quindi, perché ci imbarchiamo in un’avventura?
- Perché vogliamo raccontare/ascoltare, siamo quindi Narratori
- Perché vogliamo divertirci, siamo Primi Ballerini
- Perché vogliamo divertire, siamo Giullari
Queste risposte, e le classi a loro associate, non sono assolute né mutualmente esclusive. Non definiscono nemmeno una partizione propriamente detta, bensì vanno intese come inclinazioni, tendenze.
Vediamole una per una.
Vogliamo raccontare/ascoltare: il Narratore
I Narratori hanno una storia da raccontare (o ascoltare), e tale è il loro obiettivo primario. Le meccaniche, le sfide, a volte persino gli altri personaggi, sono elementi di supporto, pedine sacrificabili per un bene superiore sull’altare della Storia con la s maiuscola. A un Narratore non importa (granché) quale sia il sistema di gioco o i numeri esatti, purché si possa raccontare una storia interessante. Un sistema di gioco molto “regolistico” tende a far soffrire il narratore, che si sente impedito nella sua naturale inclinazione, e trae poco divertimento dal number-crunching che ne deriva.
Costruire un’avventura per dei Narratori
I Narratori sono in grado di passare facilmente sopra a piegamenti delle regole e inesattezze, posto che siano funzionali ad un buon racconto. Un’avventura che li bersagli non necessita quindi di sistemi granché complicati o ben fondati, che potremo plasmare a nostro piacimento. Un’avventura in cui è illegale per un plebeo dividere un uovo in tuorlo e albume per utilizzarli separatamente non irriterà eccessivamente un Narratore. Passerà tranquillamente sopra l’effettiva impossibilità di far rispettare tale draconiana legge, ma in cambio dovremo fornirgli una gran bella storia sul perché solo i nobili possono godere delle meringhe, o almeno concedergli tutta la gloria di inventare la carbonara come ricetta effettivamente clandestina.
Vogliamo divertirci: il Primo Ballerino
Il Primo Ballerino vuole divertirsi. Punto. Ci si può divertire in tanti modi, quello di essere al centro della scena è solo uno di questi, forse il più evidente. Può esistere il primo ballerino che reputa divertente gestire l’intero bilancio calorico-economico del gruppo per mantenerlo forte, in salute, e ricco. Quello che desidera invece sedurre qualunque entità, astratta o concreta che sia. O ancora potrebbe piacergli mettere costantemente alla prova giocatori o DM per vedere come reagiscono a colpi di scena e enigmi intricati. Le possibilità sono infinite.
Il punto comune però è che solitamente il primo ballerino è, in un senso scevro da giudizio e accezione negativa, egoista. Sa cosa lo diverte, e gioca per ottenerlo, checché ne dicano gli altri attorno al tavolo. Un primo ballerino non ha un sistema preferito: quelli più “matematici” apprezzano sistemi fortemente regolistici per la sfida che è il romperli nella maniera più efficiente; quelli più “carismatici” brillano in quelli che lasciano più spazio all’interpretazione. In ogni caso, deve essere possibile impegnarsi a fondo e, sopratutto, vedere e far vedere i risultati di questo impegno.
Costruire un’avventura per i Primi Ballerini
Molto spesso è un primo ballerino a giocare il dps con più dps o il tank più immortale, ma anche l’unico elfo in grado di farsi eleggere imperatore dei nani, o lo gnomo che in una sola settimana riesce a portare al collasso l’intero mercato continentale delle leguminose.
Quando ci troviamo a costruire un’avventura per dei primi ballerini dobbiamo inserire modi per fare qualcosa di sfolgorante, e progettare una maniera per farlo meglio. Questo può voler dire inserire un sistema legislativo poderoso ma con delle scappatoie da veri azzeccagarbugli, un enigma matematico bello tosto, o ancora un popolo inizialmente ostile che imparerà ad amare i personaggi. Un mondo senza queste opportunità risulterà noioso e frustrante per il primo ballerino, anche se magari contiene una backstory degna di una trilogia letteraria. Questo perché il Primo ballerino non troverà occasione di brillare.
Vogliamo divertire: il Giullare
I giullari sono giocatori (e DM) semplici e solitamente molto empatici. Il loro divertimento è legato a doppio filo a quello del tavolo intero, che riescono a “leggere” particolarmente bene, spesso inconsciamente. Ad un’occhiata superficiale possono sembrare delle banderuole scostanti prive di una loro volontà, ma in realtà sono tra i giocatori più flessibili e accondiscendenti. I Giullari sono in grado di adattarsi ad ogni sistema, poiché tendono a “somatizzare” e amplificare fortemente il sentimento condiviso del tavolo, quale che sia la sua origine. Sono perciò delle ottime cartine tornasole per analizzare il rendimento non del sistema specifico, ma della coppia sistema-gruppo.
Costruire un’avventura per i Giullari
Verrebbe facile individuare nel giullare il complementare al primo ballerino, ma io non credo sia così. Nel caso del primo ballerino, infatti, l’obiettivo è raggiungere un obiettivo, mentre nel caso del giullare diventa un semplice “la qualunque, basta che la gente si diverta”. Se avete mai visto Il Grande Lebowbsky, pensate al protagonista.
The Dude non è una persona particolarmente affidabile, ma in fondo è di buon cuore, non vuole fare del male a nessuno, ed è simpatico e disposto a perdonare e ridere sopra qualunque sgarbo. I Giullari ricordano quel personaggio, arrivando a volte fino all’iconico white russian. Costruire un’avventura adatta ai Giullari è relativamente semplice, basta incrementare l’attenzione e la cura poste verso il resto del tavolo, o la sua parte più vocale. Spesso può bastare un solo giocatore scontento per entrare in risonanza con un Giullare e, di conseguenza diminuire il godimento di tutti gli altri.
Archetipi per tutti
Questi archetipi non si applicano solamente ai giocatori, ma anche ai DM. In questo caso però, più che per costruire un’avventura mirata, l’analisi è utile a individuare alcuni punti “critici”, comportamenti fisiologici che alle volte rimangono invisibili ma influenzano l’esperienza di tutto il tavolo.
Scoprire e capire questi punti salienti, che potrebbero essere detti punti deboli in una visione limitata della faccenda, permetterà di mitigare eccessi e colmare mancanze, e intuire verso quale tipologia di avventura un certo DM è maggiormente portato.
Se il DM sa di essere abbastanza Primo Ballerino, infatti, potrà rammentarlo quando il party insiste nel non voler partecipare alla sfida di intelligenza del mago, e accettare che esplorino una via alternativa, senza insistere nel forzarli ad interagire col fantastico sistema enigmistico creato per l’occasione.
Un DM Narratore saprà sarà ben conscio della sua tendenza a sbrodolare descrizioni e backstories, e quando e se i giocatori mostreranno segni di insofferenza non li prenderà come un’offesa ma come un normale segnale.
Infine, il Giullare. Questa tipologia, eccellente come giocatore, presenta invece non pochi rischi quando si trova dall’altra parte dello schermo. La sua tendenza a far divertire gli altri rischia di involvere in un lassismo generalizzato, che offre ai giocatori tanti immediati contentini. Nulla di male in ciò, ma è noto che gratificazioni continue e ottenute senza sforzo producono rapidamente assuefazione. Un DM che conosce il suo lato Giullare potrà quindi trattenersi dal concedere subito il successo, “invecchiandolo” per incrementarne l’impatto.
Apologia d’un narratore
Infine, come sempre ho cercato di fare in questa serie, voglio dare anche un’implementazione sul campo degli argomenti trattati teoricamente.
Partiamo dall’archetipo. Io credo di appartenere abbastanza fortemente alla schiera dei narratori quando si tratta di fare il DM, mentre se mi trovo a costruire un’avventura divento probabilmente un primo ballerino parecchio autoritario. Sapendo ciò posso quindi ad esempio prevedere una tendenza a costruire un guard-rail (elemento architetturale mostrato nella scorsa puntata, ricordate?) un po’ stringente, e ammorbidirlo prima ancora che arrivi un giocatore a mostrarmi il suo disappunto.
Posso anche ragionare sul mio gruppo bersaglio astratto (anche questo menzionato tempo addietro) ed evitare o esaltare opportunità per certi archetipi di giocatori di cadere, o ascendere, in comportamenti a loro fisiologicamente naturali.
Consideriamo infatti l’avventura senza nome. È ambientata in un posto freddo e remoto, dove sarà probabilmente impossibile trovare vivaci mercati o corti tanto nobili quanto intriganti, come possiamo utilizzare questa informazione alla luce di ciò che ho detto in questa puntata?
Archetipi e avventura senza nome
Come prima cosa, pensiamo ad un DM. Un ambiente rigido, ostile, e soprattutto isolato come quello dell’avventura senza nome si adatta molto bene ad un DM primo ballerino, e bene ma non benissimo ad un narratore. Questo perché il primo potrà gestire incontri ed eventi senza troppe interruzioni mentre il secondo avrà dalla sua la maestà narrativa implicita nell’ambiente. Un DM giullare si troverebbe forse leggermente svantaggiato a gestire un’avventura di questo tipo, dato che è difficile seguire le iniziative dei pg e inventarsi qualcosa di affascinante quando si è nel bel mezzo di una distesa innevata.
Forti di un’analisi del genere possiamo quindi preparare una breve descrizione dell’avventura che faccia capire ai DM in divenire quanto si adatti alla loro indole, oppure implementare delle misure per aiutarli nella gestione. Nel caso dell’avventura senza nome e un DM giullare, una di queste misure potrebbe essere l’introduzione di un servizio di trasporto rapido o l’aggiunta di piccoli dettaglini interessanti qui e là così da avere qualcosa su cui far finire i pg qualunque sia la direzione che decidono di prendere.
Possiamo anche ragionare sui giocatori, e dire ad esempio che se ci aspettiamo una buona quantità di narratori dovremo focalizzarci sul creare una storia di contorno profonda e avvincente, mentre se fossero primi ballerini dovremo fare più attenzione a settare distanze, temperature, flora e fauna presenti in una maniera plausibile e la cui comprensione possa risultare stimolante e soddisfacente.
Ultimi ma non ultimi, i creatori d’avventure
Infine, ragioniamo un’istante sull’archetipo del creatore d’avventura. Come detto sopra, sono probabilmente un primo ballerino, e come tale tendo ad eccedere nella complessità. E a pensarci, uno degli enigmi che mi ronzava in mente per l’avventura senza nome era proprio basato su un gran numero di quei cilindretti ad acqua giapponesi, tutti di diametri diversi, e di bocchette dell’acqua anch’esse di flusso differente. I pg avrebbero dovuto osservare il sistema, fare qualche calcolo, e riuscire infine a sincronizzarli così da generare un suono abbastanza forte da attivare un meccanismo eccetera eccetera…
Un enigma del genere però può essere parecchio stimolante e divertente per me, ma non necessariamente per i giocatori. Lo eliminerò quindi dall’avventura senza nome? Non necessariamente, ma sicuramente lo tratterò con attenzione e rispetto.
Val la pena di fare un ultimo appunto: questi non sono ragionamenti in un certo senso “puntuali”, che si fanno una volta sola e via, bensì pensieri utili da tenere a mente durante tutta la creazione dell’avventura. Io qui ho accennato qualcuno di tali ragionamenti e il loro influsso sull’avventura senza nome, ma la mia è stata un’occhiata rapida per nulla esaustiva. Cercherò costantemente di considerare gli elementi dell’avventura sotto la luce degli archetipi di giocatori, e il mio consiglio è che lo facciate anche voi.
Riassumendo…
Per costruire un’avventura che entri nella leggenda è molto importante e utile comprendere i meccanismi e le strutture principali che la costituiscono e la fanno funzionare. Ma è anche estremamente interessante ragionare sulle indoli dei giocatori in senso lato, e su ciò che ricercano maggiormente nella loro interazione con l’avventura in genere.
In questa puntata abbiamo cercato di farlo, definendo tre archetipi di giocatore.
Ne esistono certamente altri, il loro influsso è troppo profondo per poter essere analizzato in una sola puntata. Ma qualcosa ho provato a dirla, e come sempre i commenti sono aperti se avete qualcosa da dire anche voi.
Nella prossima puntata inizieremo finalmente a vedere, se così voglion gli dei, l’implementazione dell’avventura senza nome! Sì, era quello che dissi anche la puntata scorsa, ma dopotutto, la prima non è mai buona come i registi fan credere.
Ci rivediamo nel futuro quindi (o se preferite il passato, qui trovate gli altri episodi di questa serie, e qua l’episodio iniziale della serie madre “Arabian Dreams”), nel mentre vi consiglio di ragionare sui vostri giocatori e DM, e su di voi come creatori di avventure, chissà cosa riuscirete a scoprire.
Questo articolo è andato online per la prima volta su storiedagdr, un blog ormai in disuso. Lo ripubblichiamo qui affinché non si perda nell’oblio di Internet.