Avventure da GdR

Avventure Fantastiche e come crearle #1: il Kernel

«È un po’ come il sale aromatico per la cucina Crabasiana, avete presente?»

Sguardi vacui e borbottii confusi confermano che no, gli astanti non hanno presente. L’ometto però non si scoraggia. «Beh, è un vero peccato, per voi intendo. In breve, i crabasiani son un popolo costiero. Tre cose possiede il loro baronato: il mare, le erbe aromatiche, e la povertà. Nei secoli, gli autoctoni hanno imparato a cucinare qualunque cosa possa essere pescata, assieme a qualunque cosa possa essere raccolta. Quando poi è arrivato l’Impero con la sua civiltà e il commercio con pane e pomodori, gli artisti del gusto Crabasiani sono diventati rapidamente famosi in tutto il continente, cosa che non sorprende poi molto se consideriamo che anche la più comune massaia deve imparare fin da giovane a rendere gustosi sformati di alghe e molluschi mollicci. Ora sui tavoli dei nobili non troverete alghe e anguille, fortunatamente. Ma c’è una cosa che i gastronomi del baronato non mancano mai d’inserire nei loro piatti: il sale aromatico. Un palato esperto riesce a distinguere quella nota tra le mille di un piatto, e a dedurre perlomeno la provenienza del cuoco. Chiaro ora?»

Il mormorio degli astanti è meno tentennante, ma non particolarmente convinto. L’ometto scuote la testa. 

«Birra. Tutti conosciamo la birra, no?» Stavolta i cenni d’assenso sono molti e decisi. «La qualità del luppolo e del malto. La birra non è fatta solo di luppolo e malto, ovviamente, ma questi ingredienti la firmano, in certo qual senso. Chiunque è in grado di intuire l’aroma di frumento in una weissbier, così come se siete degli estimatori, apprezzerete le note di malto tostato in una porter così come in una stout.» L’ometto s’interrompe, e lancia uno sguardo al suo boccale. «E a tal proposito…»

[breve nota sul tempo: sì, il post è in ritardo. Ma tanto il tempo non esiste. Ascoltatevi l’audiolibro “the Order of Time” di Rovelli. Non ci capirete granché, ma è letto da Cumberbatch. Prego, non c’è di che.]

Benvenuti nella prima puntata di Avventure Fantastiche e come crearle. Se siete capitati qui per caso e non sapete cosa aspettarvi, date un’occhiata all’articolo di presentazione. Se sapete perché siete qui, e volete seguire la creazione di un’avventura ma il tanto fumo vi irrita gli occhi, sopratutto se poi non c’è l’arrosto, il mio consiglio è di leggere invece questi articoli, ottimi e ben più concreti.

Detto ciò, quest’oggi parleremo di kernel, rubandone il significato un po’ all’informatica e un po’ alla matematica.

Il kernel costituirà in questo ambito il nucleo interno dell’avventura, ciò che la fa funzionare ma rimane inaccessibile ai suoi utenti, i giocatori. Non solo, i punti nello spazio del fantastico eccitati da una qualche radiazione di creattività (concetto che prima o poi approfondirò) grezza verranno trasformati dal kernel, per finire poi non nello spazio nullo, ma nello spazio della vostra avventura. Vi sembrano frasi senza senso? Perfetto, se così non fosse, avrebbe poco senso per me sommergervi con carrettate di parole come m’accingo a fare.

Ma andiamo a incominciare. Partendo come sempre, dal nulla.

Un’avventura è, in origine, il nulla. Fascicoli pieni di mappe e tabelle non appaiono improvvisamente, non vi (userò me, noi e voi in maniera intercambiabile, poiché sto percorrendo e scoprendo questa strada io stesso, in vostra compagnia) salta di colpo in mente un intero copione. Magari un incontro specifico vi titilla, o siete rimasti impressionati da una frase, un immagine, o un movimento. Questi sono elementi che ispirano l’avventura, non sono l’avventura.

La struttura di un’avventura

Nel nulla embrionale che è un’avventura però, c’è una struttura. Un’avventura è, astrattamente, un oggetto formato da tre componenti principali:

  • un ambiente nel quale i personaggi sono immersi, un punto nello spazio di tutte le possibilità dell’immaginazione (ad esempio, la corte imperiale di una antichissima dinastia).
  • una funzione di transizione che, preso tale ambiente e le azioni dei personaggi, genera un nuovo ambiente. I giocatori devono conoscere questo componente, per potersi immergersi nel mondo immaginario e prevedere gli effetti delle loro azioni, anche se per mantenere l’avventura intrigante tale conoscenza non dovrà essere totale (proseguendo l’esempio, le regole di corte, ciò che succede quando un personaggio non si inchina davanti all’imperatore, o starnutisce senza mettersi un dito nell’orecchio).
  • un gradiente di appetibilità che indica e suggerisce una direzione degli eventi. Questo elemento serve a indirizzare i personaggi verso certe azioni (il fatto che i personaggi sono circondati da un esercito di guardie di palazzo, e sarà quindi preferibile l’astuzia alla forza bruta).

[breve nota sui termini: quando uso certi termini sento come una perturbazione nella Forza, come se milioni di voci gridassero di dolore. Sono le anime di scienziati e ingegneri, che soffrono istintivamente quando qualcuno da qualche parte macella i loro strumenti verbali. Mi dispiace, li capisco, so bene che ne faccio un uso improprio e scorretto. Ma credo che continuerò a farlo.] 

La prima cosa che val la pena notare è come ad una prima occhiata questa possa sembrare la struttura di un’ambientazione. E in effetti ambientazione e avventura sono due oggetti molto simili. L’ambientazione però manca secondo me del gradiente di appetibilità, o meglio, lo possiede in una forma più debole. Un’ambientazione può essere orientata verso gli scontri fisici, ma i personaggi saranno solitamente abbastanza liberi di intraprendere percorsi tendenti al dialogo formale. Mentre se un’avventura è pensata come dungeon crawl, difficilmente ci sarà interesse e stimolo per un approccio stile intrigo alla corte imperiale.

Non solo, anche ambiente e funzione di transizione sono in un’ambientazione intese in senso più generico, e in un’avventura diventano più esplicite.

Un’ambientazione può esistere senza un’avventura, anche se magari risulterà poco interessante. È mia convinzione che anche un’avventura può esistere senza ambientazione, basta avere cura di costruire quegli aspetti che i personaggi potranno toccare, senza generare il mondo dietro le quinte.

In questa serie ci concentreremo, almeno inizialmente, sull’avventura, nascondendo sotto il tappeto il problema dell’ambientazione.

Vista quindi la struttura, passiamo quindi ai concetti fondamentali, le ispirazioni cui ho accennato prima. Il kernel.

Il nucleo di un’avventura: il Kernel

Con tale termine intendo quei concetti, sensazioni e sentimenti che vogliamo esplorare e raccontare. Possono essere specifici o generici, essere composti da una singola parola o rappresentati da una sequenza di avvenimenti, la libertà è assoluta. 

Da questi concetti deriverà poi tutto il resto. Il loro influsso sarà molto evidente nell’ambiente, un po’ meno nella funzione di transizione, e il gradiente ne sarà influenzato principalmente indirettamente. 

In ogni caso comunque non sarà una derivazione precisa, bensì un’ispirazione. Come delle note musicali che assieme formano un accordo. O come i fattori primi di un numero molto grande. 

Vediamo cosa intendo con concetto fondamentale.

  • L’immensità dell’oceano.
  • La storia dimenticata e riscoperta.
  • La magnificenza di un’eruzione.
  • La tragedia di Romeo e Giulietta.
  • La rivalità fraterna.

Come vedete, la varietà è tanta. Alcuni sono rappresentazioni delle forze naturali, altri sono espressioni di vicende profondamente umane. 

Il mio consiglio è (sto dando per assunto che vogliate intraprendere anche voi questo percorso di scoperta e creazione, è lo scotto che si paga ad ascoltarmi) quello di provare senza timori e senza aspettative a generare dei concetti fondamentali. 

Immaginatevi un concetto interessante, che vi piacerebbe raccontare o esplorare, e segnatevelo. 

Lasciatevi guidare da desideri e intuizione e ripetete il procedimento fino ad averne un paio. E con un paio intendo una cinquantina. 

Idealmente, i primi saranno cose scontate e banali, quelli da un certo punto in poi saranno inutili raschiature di barile, ma ci sarà una zona della lista in cui avrete segnato concetti profondi e per voi interessanti. 

Li noterete perché quando li esaminate, vedrete che in un certo senso risuonano, stimolando in voi la creatività. In quell’insieme potete secondo me trovare un ottimo kernel.

Non facciamo kernel e kernelastri

Non si può dire che un kernel sia strettamente buono o sbagliato, perché i suoi concetti sono ispirazioni, non specifiche, e permettono una libertà di declinazione estrema.

Può però capitare di trovare concetti che non si sposano particolarmente bene, o per meglio dire, che tendono a generare insiemi poco amalgamabili. Un esempio che mi viene in mente (leggi: che ho brutalmente plagiato a certa gente) sono questi due concetti: 

  • La delicatezza della danza
  • La durezza della vita nautica

Si può costruire un’avventura che si ispira a questi concetti, ma difficilmente riusciremo a trovare elementi coerenti e piacevoli. A meno di non considerare coerente e piacevole l’immagine di Sean Connery che piroetta in tutù sul ponte di una nave in mezzo alla tempesta, riuscendo così a calmare poseidone e salvare il battello.

Predicare di meno, razzolare di più

Come nei programmi di cucina, dopo aver speso un sacco di parole sul piatto, è il momento di tirare fuori la versione preparata in anticipo. Per quanto mi riguarda, ho individuato ben due possibili kernel per la mia avventura, eccoli.

Kernel 1:

  • La rigidità dell’inverno.
  • Il mistero del passato.
  • Il peso delle scelte morali.

Kernel 2:

  • La libertà del mare.
  • La scoperta dei nuovi mondi.
  • Le radici umane.

Mi sembrano entrambi abbastanza validi. Entrambi credo che possano generare avventure interessanti. Ma sono diversi.

Il primo verte un po’ più sulla sopravvivenza intesa come difesa dagli elementi. Mentre il secondo si concentra più sull’esplorazione. In un certo senso, possiamo vederli come più improntati ad uno stile narrativo, e poi quindi di gioco, rispettivamente difensivo e aggressivo.

Mi spiego meglio. Il primo kernel mi immagino generi un’avventura dove i personaggi dovranno combattere mostri e tempeste, anche solamente per rimanere in vita. In un’avventura del genere, il coraggio è importante, ma è spesso espresso come resilienza.

In un’avventura generata col secondo kernel invece, i personaggi andranno attivamente a cercare nuovi lidi. Saranno loro a cercare guai, abbandonando uno stato di quiete probabilmente pacifico e senza difficoltà.

Un’immagine che rappresenta vagamente il primo kernel, come sensazioni generiche

Faccio questa distinzione per introdurre l’argomento di una breve digressione: i tipi di avventura.

Ad ogni gruppo la sua avventura

Esistono infiniti tipi di avventura. Le avventure di combattimento, quelle investigative. Quelle focalizzate sulla sopravvivenza, o sugli intrighi. Tutti questi tipi esistono in uno spazio di dimensione se non infinita, molto grande. Non possiamo quindi dire che un certo tipo sia assolutamente più buono, giusto o qualunque altra cosa, di un’altro. 

Possiamo però stabilire una proiezione verso uno spazio che conosciamo, e su cui fissiamo una metrica che ci interessa (ad esempio, uno spazio con base il combattimento, e metrica l’intensità di tale combattimento ovvero la distanza dall’origine). A quel punto possiamo dire che un tipo di avventura sia per noi preferibile ad un altro, ma dobbiamo sempre ricordare che lo stiamo dicendo rispetto a certe premesse

Possiamo fissare tali premesse più o meno a caso, ma il consiglio che mi sento di dare, con tanta veemenza da trasformarlo in vera e propria esortazione, è quello di considerare i gusti del gruppo come metrica di bontà.

Anche quando andate a caccia di un kernel. Ribadisco ancora una volta che non esiste un kernel sbagliato, ma se il vostro gruppo è composto da metallari capelloni senzadio, non potrete aspettarvi che apprezzino e si divertano con un’avventura costruita su un kernel a tema “My Little Pony”. A dir la verità sono spesso gli insospettabili a rivelare lati peculiari, ma avete capito il concetto. Cercate un kernel che possa risuonare oltre che con voi, con le aspettative che vi aspettate dal vostro gruppo.

Gruppo che non dev’essere necessariamente il vostro gruppo di gioco. Non deve nemmeno essere concreto. Magari state pensando un’avventura per un gruppo di venticinquenni+ che non conosce e stima The Undertaker, gruppo che chiaramente non può esistere, ma che può essere pensato, e utilizzato per guidare la ricerca.

Il rischio del non tenere in considerazione un qualche gruppo bersaglio, è quello di generare un’avventura dagli elementi magari funzionanti, ma la cui combinazione potrebbe risultare spiacevole alla gran parte dei gruppi possibili. Credo sia un’eventualità estremamente rara, ma può capitare di ritrovarsi con un’avventura che nel complesso è bella e intrigante, ma proposta a dieci gruppi diversi, farà storcere il naso per dieci motivazioni sempre diverse, e sempre limitate a pochi aspetti. Col risultato di apparire come un’avventura poco interessante e basta.

Se il vostro gruppo è un mucchio di poeti filosofi, un kernel che genera questa situazione è probabilmente poco adatto, purtroppo.

Per quest’avventura io considero come bersaglio un gruppo abbastanza generico, tendente più al role che al powerplay, con una propensione all’ascolto più che all’azione. Per onestà intellettuale confesserò che è una scelta dettata oltre che da preferenza personale, anche dalla comodità di esposizione. Ragionare per un gruppo action-powerplay significa concentrarsi molto su meccaniche e dettagli implementativi, un’impresa per nulla semplice, che non credo sia alla mia portata e che lascio tranquillamente ad altri (tempi).

Se osservo i due kernel attraverso gli occhi del gruppo bersaglio, non riscontro particolari problemi. Entrambi mi sembrano fertili, e tra i due scelgo il primo, perché magari ragionare di freddo e neve aiuterà a rinfrescare questa torrida estate.

Back in the vil kernel

Il mio kernel quindi sarà

  • La rigidità dell’inverno.
  • Il mistero del passato.
  • Il peso delle scelte morali.

Idealmente, voi avrete scelto il vostro.

Ora osserviamo i concetti fondanti del kernel, e cerchiamo di farli nostri, di intuirne le essenze e le potenzialità. 

Immaginiamoli come fossero le corde di uno strumento musicale, e proviamo a pizzicarle a vuoto, per sentire come le tonalità si intessono fra loro.

Se tutto va per il verso giusto, dovremmo iniziare a scorgere qualche accenno di avventura, o di evento, o di ambientazione. Nulla di definito, ma semplici suggerimenti, ispirazioni. Continuiamo a ponderare il kernel fin quando vogliamo. 

Possiamo rimanere in questa fase per minuti o per anni, non è mutualmente esclusiva con null’altro, e possiamo ragionare su più nuclei in parallelo. 

Lo scopo è farsi un’idea di quali note la nostra avventura vorrà utilizzare per raccontare una storia. Anzi, il livello è ancora più generale, non si tratta di note, ma di range di frequenza, se non proprio di tipo di onda. 

Lasciamo vibrare autonomamente il kernel, e prestiamo orecchio a ciò che ci dirà.

Ma ricordiamoci di non avere timore di cambiare le carte in tavola o abbandonare un certo kernel

Quel che bisogna fare è lasciarsi guidare dall’istinto, senza affezionarsi troppo a delle scelte. Cambiate idea e strada, soppesate possibilità, muovete qualche passo e tornate indietro, senza limiti e senza limitazioni. Dopotutto, non sono sempre i primi tentativi a diventare capolavori, e non so quanti di voi siano finiti sposati con la prima cotta della vita. Credo ben pochi.

The next step

Ed è nella contemplazione di questo, sperabilmente, fertile kernel che vi lascio. Sono già andato lungo, e in ogni caso non bisogna avere troppa fretta. Ragionate ed esplorate i vostri concetti e i vostri kernel, e la prossima volta parleremo di elementi caratteristici. O driver. O determinanti. Sono così tanti gli ambiti da cui rubare i termini, che non riesco a decidermi.

Naturalmente se avete suggerimenti, consigli, racconti o perfino critiche, lasciateli nei commenti. Per tutto il resto, salvatevi. 

divisore

Questo articolo è andato online per la prima volta su storiedagdr, un blog ormai in disuso. Lo ripubblichiamo qui affinché non si perda nell’oblio di Internet.

Luigi (Elsar)
Curioso cronico e inguaribile ignorante, crede che semplici dita possano, danzando sui tasti, dominare le macchine ed elevare gli animi. Apprezza i gatti.