Fantasy e Fantascienza, Recensioni

Piccolezze

“Lo sguardo comune si ferma alla pagina, e ne legge le parole.
Lo sguardo sveglio sulla pagina si specchia, e intimamente indaga sé stesso.
Lo sguardo saggio fa del libro una lente, attraverso cui osserva l’universo.”

Considero Terry Pratchett uno dei più piacevoli e stimolanti autori del secolo. Nei suoi lavori scorgo la firma di un intelletto estremamente acuto, un’ironia tanto profonda quanto educata, e un’attenzione alle cose piccole

Nonostante possedesse le capacità per costruire behemot letterari da scalare ed esplorare con fatica e soddisfazione, preferiva invece intagliare gioiellini piccoli e “leggeri”. Piccoli, ma non per questo indegni anzi, la bellezza dei movimenti di un minuscolo orologio non è dissimile da quella di una maestosa cattedrale.

Tartarughe divine (discutibile e vagamente spoilerante traduzione del titolo originale Small Gods) è l’opera su cui oggi vorrei scriver qualcosa.

Primo, oramai tradizionale, avvertimento: considero i traduttori come una superposizione 0.5|eroe〉 + 0.5|infame〉. Essi rendono disponibili a intere popolazioni lavori altrimenti inaccessibili, alle volte perfino migliorano un testo, e altre volte si macchiano delle peggiori nefandezze e rovinano o distorcono irrimediabilmente l’opera.

Chi può dovrebbe sempre leggere un’opera in lingua originale e in una o più traduzioni, e il mio personale consiglio riguardo Pratchett è di leggerlo in originale. L’inglese è oramai una lingua franca che tutti noi conosciamo (o dovremmo conoscere), e l’inglese di Pratchett è a mio giudizio affrontabile da chiunque.

Un semplice novizio, in un piccolo giardino, nella grande città, nello sconfinato deserto

Il libro si apre su una teocrazia non tanto diversa da quelle che potrebbero essere esistite intorno al mediterraneo, e racconta di un -almeno inizialmente- “piccolo” ragazzo che incontra una tartaruga. 

Il ragazzo è apparentemente stupido e privo di qualsivoglia talento, tanto che viene esonerato da tutti i compiti “intellettuali” e relegato al giardinaggio e ad altri incarichi noiosi e degradanti.

Non è bello, non è agile, né coraggioso. Non ha fenomenali abilità ereditarie né un sotterraneo pieno di gal-denaro. Ha un’eccellente memoria, ma cos’è la memoria senza un intelletto che la sappia usare? 

È l’ultimo dei novizi, un inutile, piccolo essere umano.

E incontra una tartaruga. Tartaruga che sostiene di essere un dio. Eppure è una tartaruga.

Evito gli spoiler, nel caso non l’abbiate mai letto e vi abbia incuriosito, e quindi anticipo semplicemente che il ragazzo incontrerà preti, inquisitori, eremiti e filosofi (e venditori ambulanti). Assisterà a colpi di stato, battaglie, intrighi di palazzo.

Pratchett mostra ed esplora diverse forme di governo, la diplomazia, la religione e i suoi rituali. Vengono esposte o a volte solo suggerite riflessioni sull’etica, sulla fede, sulle diverse visioni del mondo che possono avere un soldato, un politico, un prete e uno studioso.

Più che viaggio dell’eroe, viaggio di una persona comune

Il ragazzo (ma anche la tartaruga, in un parallelo che trovo terribilmente elegante) diventerà uno strumento e come tale verrà usato, ma pian piano si trasformerà sempre più in un agente, in grado di valutare, prendere decisioni, e metterle in pratica.

A contorno di tutto ciò ci sono le dinamiche di potere, la libertà di pensiero, ovviamente la guerra, e la parabola di un uomo, un dio, uno stato in fermento e in evoluzione più o meno violenta.

Il focus del libro è, prevedibilmente, la religione, ma io credo che la religione sia solamente il primo livello interpretativo, un gradino verso una visuale più ampia.

Tartarughe divine racconta ciò che succede quando un sistema sociale, fondato inizialmente su certi principi magari discutibili ma chiari ed espliciti, cresce sempre più fino a diventare (in un ennesimo delizioso gioco di parole) un guscio vuoto. Una struttura non più estensione dei principi ma fonte essa stessa di principi potenzialmente arbitrari. 

E sebbene la promozione di una struttura ad oggetto di prim’ordine non sia una cosa negativa in sé, quando questo succede e il novello oggetto rifiuta o perverte i principi grazie ai quali ha ottenuto tale promozione, siamo in presenza di una rivoluzione, più o meno esplicita o violenta, ma rivoluzione nondimeno.

E nuovamente, sebbene le rivoluzioni non siano di per sé eventi negativi, quel che il libro (tra le altre cose) ci dice è: attenti ai momenti di rivoluzione, perché nella rivoluzione i “buoni” non devono combattere solo contro i “vecchi cattivi” dello status quo che intendono smantellare, ma anche contro i “nuovi cattivi” che desiderano un sì un cambiamento, ma verso una direzione poco piacevole, almeno per i “buoni”.

Oltre a tantissime altre considerazioni, ironie, spunti di ragionamento sui più disparati argomenti.

Spunti e considerazione che forse, a mio giudizio, possono tornare utili anche nell’osservazione del mondo di oggi.

C’è un po’ di Omnia in ogni dove

Viviamo in un mondo in costante fermento, siamo parte più o meno attiva di un cambiamento sempre più vivace e rapido, in larga parte grazie alla pervasività dei sistemi di comunicazione e la velocità con cui viaggiano le idee.

Antiche cattedrali stanno venendo smantellate, con spettacolari carretti di dinamite e meno evidenti scampoli di carta vetrata, gusci vuoti stan venendo mostrati per quel che sono, nuove strutture e nuovi progetti stan nascendo (e morendo).

Innumerevoli piccoli dei, idee, tartarughe scorrazzano nella piazza del mondo cercando di attirare a sé quanti più credenti, quanto più consenso, quanta più lattuga. 

E lì nel cielo le aquile, o i preti, o gli oppressori spazzano con lo sguardo rapace il mondo in cerca di un’opportunità, di un guscio vuoto da occupare per dominare come guida o da distruggere per dominare come liberatore.

E io credo che le aquile rimarran  sempre aquile e come tali si comporteranno, e le tartarughe saran sempre tartarughe e come tali si comporteranno, ma le persone normali, i credenti, coloro che effettivamente conferiscono il potere, possono fare una scelta. Forse sono gli unici che ne hanno la possibilità.

Anche le cose “piccole” hanno una forza e una dignità. I piccoli gesti, le piccole idee, le piccole scelte quotidiane. Piccole, prese singolarmente e puntualmente  così come Brutha (il ragazzo di cui sopra) e la tartaruga non sono che un piccolo essere umano e un piccolo rettile. Fin quando non smettono di esserlo.

Tale è la mia opinione di Tartarughe divine, libro che consiglio vivamente di leggere, anche nel caso (ben probabile) che tutto ciò che ho scritto non sia più che uno sbrodolante mucchio di vaneggi senza nulla a che vedere col libro. Così fosse, rimane un titolo piacevole, leggero, e con una evidentissima vena di ironia britannica che diciamocelo, bisogna essere ragionieri per disprezzare.

Luigi (Elsar)
Curioso cronico e inguaribile ignorante, crede che semplici dita possano, danzando sui tasti, dominare le macchine ed elevare gli animi. Apprezza i gatti.