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Metafore che si trasformano – L’assassinio del commendatore #2 di Murakami Haruki

E così, infine, il viaggio è terminato.

Non so bene da che parte iniziare per parlarvi di Metafore che si trasformano, seconda e ultima parte de L’assassinio del commendatore, forse perché mi rendo conto che, nella mia mente, il Ciclo non si è ancora propriamente chiuso.

Anche se sono arrivata a tutti gli effetti alla fine del viaggio, ancora non riesco a riunire tutti i fili per estrapolare un’idea complessiva di quest’opera, anche se la cosa non mi sorprende affatto. Mi succede spesso con le opere di Murakami Haruki di aver bisogno di giorni, settimane addirittura, per riuscire a unire tutti i tasselli e a ricreare il quadro complessivo dell’esperienza di lettura. Come se, in realtà, i libri di questo autore giapponese vivessero su più livelli, dei quali la lettura è solo il primo gradino. Invariabilmente, dunque, la recensione è per me parte di questa ricerca di completezza, un secondo gradino indispensabile per riuscire a leggere nuove sfumature del romanzo appena terminato.

Benché io sia giunta alla fine di questo ultimo volume, posso dire con assoluta certezza che la storia del ritrattista di Tokyo è in realtà una storia ancora aperta. In pieno stile giapponese, il racconto non ha una fine e forse, a ben pensarci, non aveva neanche un reale inizio. È per sua stessa sostanza l’estrazione di un frammento di una vita in continuo scorrimento, quasi un osservare la corrente di un fiume da una sponda soltanto cercando di apprezzarne l’intero corso.
Eppure, come sempre, anche se abbiamo davanti in prima istanza solo uno scorcio di una storia ben più ampia, si tratta comunque di un viaggio affascinante, che ci lascia tra le mani qualcosa che possiamo portarci appresso a lungo.
In questo caso, una riflessione sulla vita e sulle numerose e mutevoli direzioni che è in grado di prendere, sull’arte e sul suo ruolo nel mondo e soprattutto sulla ricerca di una verità personale che ci permetta di proseguire sui nostri passi senza interrompere mai il nostro cammino.

L’assassinio del commendatore, lo splendido quadro di tecnica nihonga trovato dal nostro protagonista nel sottotetto della casa di Amada Tomohiko, è senza dubbio la forza motrice del un viaggio interiore che il ritrattista compie, alla ricerca di se stesso e della propria arte. Un viaggio dal quale emerge grazie alle Idee e alle Metafore, concetti che sotto la penna di Murakami assumono consistenza reale e tangibile. E grazie al quale impara ad avere meno paura della vita, e a superare traumi che neanche sapeva di portare dentro di sé.

Ciò che è certo, è che anche se alla fine di Metafore che si trasformano il Ciclo pare chiudersi per davvero, almeno per i bizzarri protagonisti di questo racconto, per noi non si può dire lo stesso. Rimangono molti interrogativi ai quali non sappiamo ancora rispondere, domande che forse hanno bisogno di tempo per trovare risposa nelle nostre esistenze.

Al termine del viaggio, questi due volumi de L’assassinio del Commendatore paiono volerci suggerire qualcosa, accennare dettagli che solo vivendo profondamente potremmo essere in grado di cogliere. Qualcosa che sembra volerci ricordare che la vita è spesso un flusso di eventi inspiegabili e che l’unica cosa in nostra potere è una scelta: possiamo solo decidere se opporci strenuamente al suo procedere, o lasciarci trasportare fino a valle senza sapere dove arriveremo.

Piccola curiosità simpatica prima di lasciarci: Grant Snider, fumettista americano, ha creato per il New York times un Bingo dedicato a Murakami, che racchiude tutti i topoi dello scrittore giapponese.
Ho scoperto l’esistenza di questo giochino in un video di Prismatic313 e l’ho trovato assolutamente adorabile, quindi non potevo proprio esimermi dal condiverlo con voi.

Inutile dire che ne L’assassinio del Commendatore sono presenti quasi tutti i topoi, direi 20 su 25 caselle barrate.
Ma d’altronde, è anche per questo che amiamo Murakami, o sbaglio?

Vedi su Sito del New York Times

Trama:
Nella casa in mezzo al bosco che fu l’abitazione e l’atelier di Amada Tomohiko, il grande artista autore del misterioso quadro L’assassinio del Commendatore, vive ormai da qualche mese il giovane pittore protagonista di questa storia. La dimora è sperduta, ma non del tutto isolata: nel primo volume, Idee che affiorano, avevamo conosciuto Menshiki, un vicino ricchissimo e sfuggente mosso da motivazioni solo a lui note. O la piccola Akikawa Marie, studentessa del corso di disegno tenuto dal protagonista, che per una volta sembra abbassare le difese e stringere un legame profondo col suo professore. Per non parlare del Commendatore stesso…
Con Metafore che si trasformano si conclude l’Assassinio del Commendatore. Come un mago al culmine del suo potere incantatorio, Murakami Haruki dà vita a un intero universo (a piú di uno, a dire il vero…) popolato di personaggi, storie e enigmi che hanno la potenza indimenticabile dei sogni piú vividi. Ma non è solo il gusto per il racconto a muoverlo: una volta giunto al termine di questo viaggio visionario, il lettore si scopre trasformato come i personaggi di cui ha letto le avventure, esposto, quasi senza averne avuto consapevolezza, al cuore pulsante della grande letteratura.
L’assassinio del Commendatore, a quel punto, inizia a svelare i suoi mille volti: una riflessione, molto realistica (e attuale), sulle ferite della storia, sulla colpa e la responsabilità. Una terapia per sopravvivere ai traumi. Una guida pratica per orientarsi nel mondo delle metafore. Ma anche un racconto fantastico sui mostri che ci divorano dall’interno, sulle paure che ci sbranano nella notte dell’anima; e su come, quei mostri, possiamo vincerli: prendendoci cura di chi arriverà dopo di noi.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.