Fantasy e Fantascienza, Recensioni

Recensione Il marciume di Siri Pettersen

Luglio inoltrato, quaranta gradi all’ombra, non un singolo filo di vento a smorzare la calura estiva e una pesantissima sessione esami che incombe.
Quali condizioni migliori per lasciarsi trasportare in un altro mondo, staccando la testa da tutte le preoccupazioni e i pensieri?

Come potrete immaginare, questa settimana appena trascorsa mi ha messa notevolmente alla prova e per affrontarla al meglio ho sentito la necessità di estraniarmi dalla realtà per qualche ora, calandomi in un libro fantasy, la mia ancora di salvezza nell’oceano burrascoso della vita universitaria.
La mia scelta è ricaduta su Il marciume di Siri Pettersen, che a causa della suddetta sessione universitaria vegetava nella mia libreria sin dal Salone del Libro di Torino.

Mai decisione fu più gradita, mai distrazione più salutare.
Possiamo quasi dire che io sia in parte rinata, dopo questa necessaria e soddisfacente pausa.
Ma in fondo, non avevo dubbi sul fatto che Siri Pettersen sarebbe riuscita a compiere questa magia, una seconda volta.

Era già successo con il primo volume della saga dei Raven Rings, che oltre ad avermi conquistata – tanto da farmi dichiarare La figlia di Odino uno dei più originali e intensi fantasy che mi fossero mai capitati sotto mano – aveva anche innescato in me il fortissimo desiderio di parlare di romanzi ispirati ai giochi di ruolo (cosa che poi ho effettivamente fatto, e che trovate qui).
E questa volta con Il Marciume l’effetto è stato il medesimo, se non addirittura più intenso proprio a causa del momento nel quale è arrivato.

Prima di scendere più a fondo nei dettagli del romanzo però, devo premettere che essendo questa la recensione di un secondo volume potreste trovare alcuni spoiler sul capitolo precedente, anche se cercherò di limitare all’osso ogni frase che possa rovinare a qualcuno di voi il gusto della lettura di entrambi i libri.
In ogni caso, se non volete rischiare ma siete comunque curiosi riguardo alla saga, vi invito a dare un’occhiata al video linkato qualche riga sopra, nel quale racconto in modo completo (e privo di rivelazioni), cosa troverete tra le pagine de La figlia di Odino.
Detto questo, per tutti gli altri che sono rimasti, lasciatemi dire che se avete letto e amato La figlia di Odino, non potrete non innamorarvi follemente anche de Il Marciume.

È raro, indicibilmente raro, che un autore riesca a soddisfare le altissime aspettative dei suoi lettori con il secondo volume della sua saga, specie se si prefigge di scrivere una trilogia. In molti casi infatti, il secondo capitolo soffre del suo essere di transizione, spesso possiede un ritmo meno incalzante dei due volumi che lo affiancano ed è invariabilmente influenzato dalla necessità di dettare la direzione all’intera saga.
In questo invece, il secondo volume delle Raven Rings è una piacevolissima sorpresa, nonché un’eccezione assai gradita.

Il Marciume è però alquanto diverso da La figlia di Odino, tanto che al principio stentavo a trovarvi un punto di contatto. Forse è questa differenza a renderlo così particolare, eppure all’inizio l’effetto è stato quasi straniante, e c’è voluto qualche capitolo perché riuscissi a riprendere i fili della storia che già avevo amato.
D’altronde, il primo volume era terminato con uno sconvolgimento niente male, dato che avevamo visto la nostra Hirka partire verso il misterioso mondo dei figli di Odino, lasciandosi alle spalle le terre di Ym e be’, ovviamente e soprattutto Rime.
E in apertura la troviamo proprio in quel mondo, che altro non è se non la nostra conosciuta e amata terra. Solo che qui abbiamo il privilegio di osservarla da una prospettiva diversa, con gli occhi di una viaggiatrice cresciuta a stretto contatto con il Dono – la capacità di attingere energia dal mondo stesso che caratterizza tutti gli Ymslandesi- in un luogo dove la comunione con la natura e con gli esseri che la popolano è alla base della vita e della crescita di ogni abitante.

Hirka arriva sulla terra da sola, non è in grado di parlare la lingua dei Figli di Odino (nello specifico l’inglese, visto che approda a York) ed è totalmente spiazzata da tutte le innovazioni tecnologiche che la circondano, e che a Ymslanda non erano neanche mai state contemplate. Elettricità, macchine che sfrecciano per le strade, cibo preconfezionato e tanta, tantissima spazzatura, sono le cose che la colpiscono fin da subito, ma non sempre in modo positivo.
La nostra viaggiatrice trova infatti il nostro mondo sbiadito, caotico e soprattutto artefatto, più che emozionante e denso di scoperte.
Pensate a quale reazione potrebbe avere una persona come lei, nata e cresciuta in una foresta vitale e pulsante, nel vedersi offrire un pacchetto di patatine fritte e confezionate in sacchetti di plastica tutt’altro che eco-sostenibili, e avrete un’idea del sentimento preponderante che invade la nostra protagonista.

Insomma, già dalle primissime pagine appare chiaro come la nostra Siri Pettersen abbia approfittato dell’occasione offerta dallo sviluppo della trama per parlare di un tema che sembra starle particolarmente a cuore, e del quale Hirka si fa custode e ferma sostenitrice: la sofferta perdita della simbiosi con la natura, la stessa che un tempo caratterizzava anche la nostra umanità.
Benché infatti questo non sia il punto focale intorno a cui ruota Il Marciume, è indubbio che sia un elemento piuttosto forte dell’intreccio narrativo, che spesso torna a galla e accompagna la storia vera e propria per tutto il suo sviluppo.

Ma al di là di quelli che possono essere i temi che riecheggiano sullo sfondo del romanzo, resta innegabilmente preponderante lo sviluppo di una trama assai originale, che rivede miti antichi di diverse culture in chiave moderna e che cala la protagonista all’interno di una battaglia tra forze ancestrali, nemiche da sempre e separate solo da un sottile cerchio di pietre che in pochi hanno il potere di attraversare.

A far da cardine del romanzo, a mio avviso, sono più che altro le rivelazioni spesso tutt’altro che piacevoli alle quali assistiamo, gestite con maestria tale da rendere il ritmo un crescendo continuo, nonostante i numerosi cambi di scena che intercorrono tra le pagine.
Il romanzo si divide infatti in due fronti, uno sulla terra e uno a Ymslanda, due poli opposti dello stesso intreccio, connessi solo tramite il sottile filo di cui Hirka e Rime sono i capi.
Entrambi gli scenari sono però densi di eventi e pregni di colpi di scena, e la Pettersen dà il meglio di sé nella gestione di ciascun evento, che pare inserito esattamente nel momento corretto, affinché ogni tassello assuma solo alla fine il vero significato, offrendoci così il quadro completo ed esaltante della trama.

Da questo lato, quello terrestre, assistiamo a fughe a rotta di collo e ricerche sull’origine del marciume, la misteriosa maledizione che affligge i Figli di Odino e di cui Hirka sembra essere portatrice, percorrendo quasi tutta l’Europa e facendo tappa, tra le altre, anche a Venezia e a Londra. E troviamo la nostra protagonista decisamente impegnata a scoprire la verità su sé stessa, affiancata da un cacciatore di taglie tutt’altro che affabile e da un Nato da una Carogna, creatura che solo poche settimane prima Hirka stessa avrebbe considerato nemica.
Dall’altro lato delle pietre del potere, osserviamo invece ciò che è rimasto di Ymslanda dopo gli scoinvolgimenti del primo volume, e seguiamo la lotta di Rime per mantenere uniti i mille frammenti in cui le sue terre cominciano a sfaldarsi.

Non c’è pace in nessuna delle terre toccate dal Marciume, questo è sicuro, come è certo che questo volume sia il perfetto secondo volume di una delle migliori trilogie fantasy che mi siano capitate sotto mano di recente. L’esaltazione al termine della lettura è tanta, e l’attesa del volume conclusivo sarà ancora maggiore, ma nel frattempo investo le mie energie a consigliarvi questa serie che si conferma un piccolo gioiello della narrativa fantastica che non potete assolutamente perdervi.
Sono sicura che lo stile di Siri Pettersen, e soprattutto l’elaborato mondo che ha dato vita in questa serie, sapranno conquistarvi come hanno già fatto egregiamente con la sottoscritta.
E così, almeno, soffriremo per l’attesa tutti insieme 😉

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.