Recensioni, Voci dalla Sardegna

Complessità, diversità ed empatia: Il vento non lo puoi fermare

Il vento non lo puoi fermare
di Elvira Serra

Casa editrice: Rizzoli
Costo:€ 19,00
Genere: Narrativa Contemporanea

È difficile parlarvi di questo libro, ultimamente le mie recensioni hanno poco di recensione, probabilmente lo avrete già notato dalla “recensione” di Storia delle mie storie, però credo che questo modo di scrivere mi si addica maggiormente. Quindi vi avviso già che non troverete pareri o giudizi sulla scrittura, i personaggi o la trama. Se volete farvi un’idea su come sia la scrittura o i personaggi, vuol dire che è il caso che leggiate il romanzo!

Ci sono suoni e profumi che ti fanno sentire a casa. Ci sono parole che rievocano ricordi ed emozioni di tempi e luoghi magici.

Oggi vi parlo di un libro che, con le sue descrizioni, mi ha fatto sentire a casa e con i suoi personaggi ed eventi ha reso esplicita la funzione più profonda e pura della letteratura. L’esplicitazione del complesso. Perché, come dice Kundera, la letteratura non serve a dare risposte ma a porci domande sugli eventi del quotidiano.

Insieme ai personaggi di questo romanzo facciamo un viaggio introspettivo che non finisce quando si arriva all’ultima pagina. Una volta chiuso il libro le domande dei protagonisti diventano le nostre, il loro percorso ad ostacoli il nostro (anche se, si spera, meno difficile). Tutti gli eventi all’interno di questo libro girano intorno ai concetti di complessità, empatia e diversità. Ed è di questi tre concetti quindi che vorrei parlarvi.

Il concetto di complessità è quello che riterrei il principale, sotto alcuni punti di vista contiene anche gli altri due ma in realtà è molto più vasto e quando inizia ad espandersi oltre i limiti del libro si capisce come questo valore permei tutta la nostra realtà. Partiamo dalla domanda: come giudichereste un ragazzo che, senza volerlo, investe ed uccide una donna?
Ci sono tanti elementi che bisogna prendere in considerazione per poter rispondere a questa domanda, elementi che riguardano le persone coinvolte (lui aveva bevuto o correva, lei ha guardato prima di attraversare?) ma anche elementi esterni che nessuno dei due avrebbe potuto prevedere (come una strada male illuminata). L’importanza di tenere tutti questi elementi in considerazione diventa palese nel momento in cui ci troviamo a leggere l’articolo di giornale in cui si parla dell’incidente di Elias. Eppure quante volte, leggendo un articolo di giornale simile, non ci siamo fatti nessuna domanda sulle persone coinvolte prendendo per vero semplicemente e acriticamente ciò che riportava il giornalista?
Pensate alle bufale che girano oggi su internet, riportano falsità, ma scritte in maniera semplice e lineare. Dividono bene dal male in maniera netta e precisa. La maggior parte delle bufale (e delle persone che ci credono ciecamente) non prende in considerazione la vastità dell’umano, la complessità degli eventi oltre che l’impossibilità di giudicarli, soprattutto se non si sono vissuti in prima persona.
Ci sono più eventi che riportano a galla questa idea di mondo complesso e intricato, in cui tutto succede senza che si possa avere sempre un capro espiatorio, a meno che quest’ultimo non lo si costruisca personalmente per spostare su qualcun altro la pesantezza che l’evento deposita su di noi.

In questa idea di complessità rientra anche quella di empatia. Cos’è l’empatia? Si crede che l’empatia sia la capacità di mettersi nei panni degli altri, non è così. L’empatia è la capacità di capire che gli altri vestono dei panni diversi dai nostri, nei quali noi non potremmo mai stare perché non abbiamo la stessa storia, lo stesso carattere, lo stesso modo di reagire. Empatia è riconoscere le emozioni, i sentimenti e i problemi dell’altro anche se noi in quella stessa situazione ci comporteremmo in maniera diversa.
Viviamo la difficoltà di questo processo empatico sia con i genitori di Violetta che, soprattutto con i genitori di Elias, in particolare con il padre. Accettare i silenzi, le emozioni negative, i sensi di colpa delle persone a cui teniamo. Vorremmo fare di tutto per salvarli dal burrone buio in cui li vediamo, dire la nostra e provare a dare un sostegno sperando che le nostre parole possano essere un balsamo per le loro ferite. Ma questo non sempre è possibile, non sempre l’aiuto può venire dall’esterno sopratt utto se internamente non c’è la predisposizione per farsi aiutare. Elias deve fare la sua strada per provare a rinascere e spetta a lui decidere di riprendere a correre con il vento.

L’empatia ha come base l’accettazione della diversità. Ed è proprio quest’ultimo concetto quello di cui vi vorrei parlare. In questo caso entrano in campo dei personaggi relativamente secondari, sicuramente definibili così per il fatto che non sono costantemente al centro dell’azione, ma che allo stesso tempo sono essenziali per lo scorrere degli eventi e dare corpo a molte delle riflessioni, anche ad alcune di quelle già citate. Una diversità che si esprime in maniera diversa per ognuno di loro.
Il primo personaggio in questione è Albert, per lui la fuga è stata l’unica scelta possibile. Una diversità non accettata, non compresa, odiata. Una diversità che lo ha portato a costruire muri intorno a sé, ma muri non voluti e per questo semplici da abbattere.
Il secondo è Luigi, l’esempio di come la vita sia fatta di scelte e ognuna di queste scelte ci cambia dentro e ci porta ad essere diversi da noi stessi. Da trentenni potremmo non riconoscere più la persona che eravamo a sedici anni, così come potremmo non riconoscere neanche la persona che eravamo appena due anni prima se il cambiamento è stato estremamente rapido e radicale. La diversità di cui parlo non è quella dell’aspetto fisico, ma è quella interiore ovviamente, una diversità molto profonda che può portare a non accettare il passato, a volerlo dimenticare. Senza pensare però che tutto quello che siamo oggi dipende proprio da ciò che eravamo ieri.
Ed infine il marito della donna uccisa. Un uomo che si è costruito Elias come demone senza aver bisogno di conoscerlo. La diversità in questo caso risiede nella capacità che abbiamo di costruirci l’identità di una persona a seconda dei caratteri che noi vogliamo dargli, solo perché nei nostri preconcetti quella persona risponde a quelle caratteristiche. Allo stesso tempo questa entità che ci siamo costruiti prima o poi si scontrerà con il soggetto reale e a quel punto vedremo crollare il nostro castello di sabbia. Pensate a quando, magari da giovani, avete idealizzato, anche caratterialmente, un ragazzo/una ragazza ai vostri occhi bellissimo/a e quanto poi è stato duro il distacco quando si è rivelato completamente diverso da come ce lo si aspettava. I nostri pregiudizi nei confronti delle persone si scontrano con la realtà e non si può continuare ad andare avanti con il paraocchi pur di non voler accettare la diversità dei fatti.

La diversità si nasconde ovunque, è il sale e il colore del mondo, eppure è sempre difficile da accettare in qualunque modo si manifesti. È la base per l’empatia ma anche categoria della complessità. Sono diverse le persone, le idee e le opinioni. Ed è giusto così, l’importante è rendersi conto che i fatti invece non cambiano ed è su quelli che bisogna basarsi.

Eccoci arrivati alla fine e concludo con due parole per quanto riguarda la scelta delle ambientazioni del libro.
Ho apprezzato davvero tanto che l’autrice abbia scritto di posti in cui ha vissuto personalmente, si sente la passione e la precisione con cui descrive i luoghi. Ho rivissuto tramite le sue parole i miei anni da “casteddaia” facendomi travolgere dalla nostalgia dei colori e dei profumi di quella che per me resta una delle città più belle del mondo.

Trama:
Elias ha vent’anni. Le lezioni all’università, il calcetto e Violetta. Il tempo per lui si ferma il giorno in cui, tornando a casa, investe una giovane donna che muore sul colpo. Elias si infligge un percorso ascetico in fondo al proprio dolore, che pare senza uscita. Due anni. Finché, un passo alla volta, decide di abbandonare la Sardegna e cercare una sua strada, altrove… Ed è così che succede: il vento soffia di nuovo, inarrestabile, e porta con sé un presente da reinventare e il coraggio di affrontare tutto ciò che verrà. Un romanzo della rinascita, intenso e lieve, di cadute e slanci vitali; una storia che racconta come ci si sente nel momento in cui si ricomincia a respirare, quando si risale in superficie dopo una lunga apnea.


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Valentina
Lettrice onnivora, educatrice, mamma.
Dei libri amo la capacità di mostrare la complessità del mondo che ci circonda, forse per questo tra i miei generi preferiti rientrano fantascienza, fantapolitica, fiabe tradizionali e saggistica.