Divulgazione, Recensioni

Recensione Cattivi scienziati di Enrico Bucci




Era da tempo che meditavo di inaugurare una rubrica dedicata alla saggistica scientifica, dunque quando mi è arrivata la proposta della Add Editore (casa editrice di cui abbiamo avuto già modo di parlare qui) di scegliere alcune letture dal loro catalogo per parlarvene, mi è subito tornato in mente questo titolo, che avevo notato nel loro stand al Pisa Book Festival. In realtà poi il loro gentilissimo addetto all’ufficio stampa, Enea, mi ha proposto in parallelo anche un altro titolo, di cui avremo modo di parlare molto presto qui sul blog, e il bellissimo pacchetto è giunto a casa qualche settimana fa (trovate qui la foto); ho dunque iniziato a leggere il saggio di Bucci sia per la grande curiosità che mi aveva suscitato fin dal primo incontro, sia come occasione per avviare finalmente questa rubrica con la quale spero di incuriosirvi d’ora innanzi.

A primo acchito, guardando il titolo e leggendo la quarta di copertina, come scelta di apertura potrà sembrarvi bizzarra, ma trovo che spesso non vi sia modo migliore per celebrare una disciplina e una passione che analizzarne con spirito critico e fredda lucidità anche e soprattutto gli aspetti meno positivi e più spiacevoli, nell’ottica ovviamente di migliorarli.
Così eccomi dunque ad aprire questo discorso sulla scienza e sulla sua divulgazione parlando di uno dei più grossi problemi che l’affliggono, ovvero la cosiddetta pratica del FFP (Falsificazione – Fabbricazione – Plagio). Ebbene sì, come ogni attività umana, anche la nostra amata scienza presenta le sue mele marce, ma il saggio di Bucci non serve solo da condanna, bensì da investigazione delle cause che generano la disonestà scientifica e soprattutto da spunto per nuove forme di prevenzione e miglioramento dell’ambiente scientifico.
Così, dividendo il discorso sostanzialmente in tre macro sezioni, Bucci ci presenta il fenomeno della frode nella ricerca scientifica e ne analizza le cause scatenanti, ne soppesa gli effetti più drastici, per poi chiudere con le soluzioni già in atto e quelle applicabili in futuro (quest’ultime che riguardano soprattutto le giovani menti e il pubblico diciamo “laico”).
Da insider dell’ambiente della ricerca, ma soprattutto da fondatore di un’azienda dedita proprio alla scoperta delle frodi nelle pubblicazioni, Bucci ci trascina dentro il mondo delle pubblicazioni scientifiche con dovizia di particolari, partendo da un’interessante metafora con gli elettricisti (leggere per credere, una trovata a mio avviso alquanto funzionante), per poi penetrare sempre più in profondità attraverso numerosi esempi di casi noti e reali di frode rintracciata e condannata e descrivendoci minuziosamente come avvengono le frodi scientifiche ma soprattutto evidenziando quanto sia complesso individuare i frodatori in una massa di dati e ricerche che raggiunge cifre ormai folli ogni anno (si parla di diversi milioni di pubblicazioni).

Alla base di tutto il problema, per Bucci (ma la sottoscritta fa fatica a dargli torto), c’è la spietata concorrenza alla quale sono soggetti i ricercatori ogni giorno: in un ambiente nel quale le nuove scoperte sono faticose e rare e nel quale la carriera di uno scienziato e misurata per la quantità delle sue scoperte e non per la loro qualità, è normale aspettarsi che pochi riescano a tenere il passo con la competizione. Tutti gli altri, quelli meno abili, meno veloci, meno fortunati soprattutto si vedono superati, perdono il posto, spesso rischiano pure di perdere i finanziamenti ottenuti nonché la fiducia del proprio team di ricerca. Ecco dunque che, per quanto non sia una giustificazione, viene facile capire quanto molti si sentano spinti verso una delle forme di frode sopra citate: dopo mesi e mesi di estenuanti esperimenti i dati sperimentali non coincidono con le aspettative teoriche e non ci sono fondi per ripetere gli esperimenti? Abbiamo il terreno fertile per una falsificazione. Per accedere al tanto agognato posto nell’università prestigiosa è richiesto un curriculum ben più sostanzioso del nostro? Ecco che con una buona fabbricazione di dati e pubblicazioni si ripareggia la sfida. Un ignoto scienziato di un’università piccola e sperduta ha pubblicato un’altrettanto ignota ricerca nel nostro stesso campo prima di noi? Un bel plagio e nessuno noterà mai che la pubblicazione non è nostra.
Tutti e tre i casi sopra citati non sono solo frequenti, ma sono anche difficilmente individuabili: immaginate di dover spulciare milioni e milioni di pubblicazioni alla ricerca di uno di questi casi; vi ci vorrebbero giorni e giorni di ricerca anche aiutati da un computer, e nel mentre dovreste occuparvi anche della vostra di ricerca, se volete mantenere fondi e posto di lavoro.
Così ecco che i casi di FFP proliferano indisturbati, mischiandosi alle ricerche vere senza essere riconoscibili. Il danno maggiore? Bucci non ce lo nasconde fin da subito: se la ricerca frodata in questione tratta di un argomento ad esempio importante nel campo biomedico e nessuno sa che i risultati riportati da tale ricerca sono errati, ci vuole poco ad immaginare il danno non solo scientifico ma soprattutto umano che essa può provocare; è sufficiente che si tratta ad esempio di un nuovo farmaco o una nuova terapia antitumorale e i suoi effetti sono devastanti.

Non vi nascondo che la seconda parte del saggio, quella appunto dedicata alle modalità di sviluppo delle frodi e ai loro danni, è la più dura da digerire, soprattutto se come me state studiando (o avete appena terminato di farlo), per crearvi un giorno un posto in questo ambiente. In generale però, l’effetto che la realtà dei fatti crea è molto poco piacevole e porta il lettore ad una sorta di rifiuto non solo della logica del mercato scientifico (per come è configurato oggi sarebbe difficile definirlo diversamente), ma in generale della logica di competizione di qualsiasi settore commerciale.
Un ulteriore punto di merito va dunque all’autore per aver scelto di chiudere il saggio affiancando a questa parte una terza, ben più ottimista e positiva, sui passi in avanti fatti da tutti coloro che si sono messi in gioco proprio per rintracciare le frodi in campo scientifico, segnalarle e possibilmente condannarne i fautori. Bucci cita molti esempi di privati cittadini e aziende che da qualche anno a questa parte hanno deciso, in maniera autonoma e spesso volontaria, di sacrificare parte del proprio tempo per fungere da controllori del lavoro dei propri colleghi. Tra loro ci sono appunto ricercatori ma non solo, anche giornalisti e organi giudiziari che a poco a poco stanno alzando la voce e imponendo norme rigide e controlli nell’ambiente. Uno sforzo valido ma ovviamente ancora agli albori, che necessita di un aiuto dal punto di vista politico e soprattutto mediatico.

Ecco dunque il pregio maggiore del saggio di Bucci, e il vero motivo per cui mi sento di consigliarne la lettura a tutti, non solo agli insider del settore: non tanto per la semplicità del linguaggio e il gusto della lettura che l’autore è comunque riuscito a regalare ai suoi lettori, ma soprattutto per l’importanza dal punto di vista strettamente divulgativo: perché il fenomeno non sia più sconosciuto e dunque affrontato solo all’interno della nicchia, ma diventi primario per tutta la società.
D’altronde non dobbiamo dimenticarci mai che le pubblicazioni di oggi saranno i farmaci, i prodotti, gli alimenti, le tecnologie con i quali verremo in contatto domani; è soprattutto nel nostro interesse assicurarci che essi non siano frutto di calcoli affrettati e spesso inventati.



Un sentito grazie va ovviamente alla Add Editore e a Enea per avermi permesso di leggere e conoscere il lavoro di Bucci, accompagnato da un sincero apprezzamento per l’ottimo lavoro editoriale che stanno compiendo.
Abbiamo sempre bisogno di libri controversi, senza di questi la nostra conoscenza sarebbe alquanto esigua e la realtà tristemente lineare.

Trama:
Quando ho iniziato a lavorare nel settore dell’analisi dei dati biomedici ero convinto che la Scienza si autocorreggesse e che i ricercatori fossero motivati nel dire sempre la verità. Nelle discipline scientifiche ogni ricercatore ha fiducia e si appoggia ai risultati ottenuti da altri per le proprie particolari indagini, il che era ciò che intendevo fare, incrociando dati provenienti da fonti diverse e individuando possibili risposte a problemi scientifici molto differenti.
Immaginate lo shock che ho provato quando, armato della giusta tecnologia informatica, con il mio gruppo di collaboratori ho trovato che nella letteratura scientifica corrente i tre peccati capitali della frode scientifica – fabbricazione di dati ed esperimenti, loro falsificazione e plagio – sono talmente diffusi da destare seria preoccupazione riguardo all’affidabilità di ciò che crediamo di sapere. Ho cominciato a scrivere alle riviste di settore per investigare su potenziali casi di frode, e ho finito con il coinvolgere la polizia in qualche caso davvero preoccupante.

La frode nella ricerca scientifica non è una novità, ma oggi viene praticata a livelli mai visti prima. Il risultato? La Scienza è minacciata da un numero crescente di ricercatori disonesti che, perseguendo i loro scopi personali, danneggiano la collettività.
In questo libro si racconta chi fa frode scientifica e quali interessi persegue, si indagano le conseguenze della sottrazione di fondi alla buona ricerca e si evidenzia il danno provocato allo sviluppo economico del nostro Paese.

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Denise
Sono un’appassionata di scrittura e comunicazione digitale, studio Informatica Umanistica e lavoro alla Casa della donna di Pisa. Nella vita cerco di conciliare i diversi aspetti di me: la femminista, la letterata e l’informatica. Non sempre vanno d’accordo, ma per fortuna sono caparbia e continuo a insistere.