Ed eccomi qui, ad imbarcarmi nel difficilissimo compito di recensire una scrittrice della grandezza di Virginia Woolf; Premetto solo che queste sono solo le mie opinioni, che non vogliono essere una critica letteraria ma solo un estratto delle sensazioni che i libri mi trasmettono.
E sono davvero tante le emozioni che questo libro mi ha trasmesso. Ma procediamo con ordine:
Al Faro è il quinto romanzo di Virgina Woolf, scritto nel 1927 e racconta di una famiglia molto numerosa, i Ramsey, che organizzano una gita al faro che vede però l'effettiva realizzazione solo dieci anni dopo.
La cosa più particolare è che la trama di base non solo si può riassumere in così poche righe, ma è anzi tutta qui.
Quello che realmente si sviluppa per tutto il romanzo, che è davvero protagonista, sono i pensieri, le emozioni dei vari personaggi. Il romanzo è un enorme “Flusso di Pensieri” incontrollato di tanti personaggi.
Sopra tutti. i pensieri della signora Ramsey sono i più preponderanti e coinvolgenti; le gioie, le emozioni, le delusioni ci trascinano e avvolgono trasportandoci in un'altra realtà, che non è quella temporale dei primi del '900, ma quella emozionale, senza spazio ne' tempo. I ricordi si mescolano al presente, si susseguono senza logica ne' ordine; una parola della realtà spinge la mente a tornare al passato, e un'emozione del passato si ricollega ad un'altra nel presente.
Per il lettore è impossibile restare estraneo, osservare la scena dall'esterno: senza che se ne accorga si ritrova catapultato prepotentemente in quel mare caotico di emozioni e deve lottare strenuamente per non annegarci dentro. Perché l'effetto è proprio quello di venire sommersi dalle emozioni dei personaggi, tanto da non riuscire quasi a distingure le nostre dalle loro. È un'esperienza incredibile. Se all'inizio la si guarda con diffidenza, cercando quasi di passarci accanto per uscirne indenni, verso la metà è impossibile evitare questa marea; se si vuole davvero leggere questo libro, penetrare lo strato più profondo e arrivare al cuore del romanzo bisogna lasciarsi trasportare. E si capisce che oltre le emozioni, oltre le sensazioni, i pensieri sconnessi, le dolci malinconie del passato non vi è niente, nessun significato profondo, rivelatore del romanzo. Tutta l'esperienza è data dalle emozioni stesse, ed è una constatazione che quando viene accettata ci lascia immensamente stupiti. Siamo un involucro di emozioni incontrollate e viviamo la nostra vita in un costante sdoppiamento tra realtà sensoriale e realtà onirica, talmente collegate da non poter interpretare la prima senza aver penetrato la seconda.
Leggere questo romanzo è stata un'esperienza unica, che ho compreso solo quando sono arrivata alla fine. Perché all'inizio anch'io tentavo di percorre la marea sul bordo per non farmi travolgere. Ma quando ci sono infine scivolata dentro è stata una scossa emozionale. La prima cosa che ho pensato chiudendo il romanzo è stata: ho bisogno di un attimo per riprendere il controllo delle mie emozioni, ho bisogno di riordinare i pensieri e placare il turbinio che m'invade.
Non so se questo effetto sia dipeso da una mia eccessiva sensibilità, se avete letto questo libro o qualcos'altro di questa autrice ditemi se vi ha creato lo stesso scompiglio di emozioni.
Io credo che leggerò presto qualcos'altro di suo, ho voglia di provare ancora delle emozioni così intense.
VI lascio un estratto preso da Wikipedia del diario di Virginia Woolf:
A proposito del romanzo la Woolf scrive nei suoi diari:
« Fino a quarant'anni e oltre fui ossessionata dalla presenza di mia madre… Poi un giorno, mentre attraversavo Tavistock Square, pensai Al faro: con grande, involontaria urgenza. Una cosa ne suscitava un'altra… Che cosa aveva mosso quell'effervescenza? Non ne ho idea. Ma scrissi il libro molto rapidamente, e quando l'ebbi scritto, l'ossessione cessò. Adesso non la sento più la voce di mia madre. Non la vedo. Probabilmente feci da sola quello che gli psicoanalisti fanno ai pazienti. Diedi espressione a qualche emozione antica e profonda »
In particolare, riferendosi alla seconda parte del romanzo, afferma:
« Il più difficile e astratto brano di scrittura che abbia mai tentato »
La sorella Vanessa, dopo aver letto il romanzo, scrive a Virginia:
« A me sembra che tu abbia tracciato un ritratto della mamma che le somiglia più di quanto avrei mai creduto possibile. È quasi doloroso vedersela risuscitare davanti. Sei riuscita a far sentire la straordinaria bellezza del suo carattere… È stato come incontrarla di nuovo… Essere riuscita a vederla in questo modo a me sembra un'impresa creativa che ha del miracoloso… L'immagine che dai di lei sta in piedi da sola e non solo perché evoca ricordi. Mi sento eccitata e turbata e trascinata in un altro mondo come lo si è solo da una grande opera d'arte. »
RIngrazio immensamente “Gibby” per avermi regalato questa incredibile esperienza.
Se volete scrivermi le vostre opinioni potete lasciarle qui sotto nei commenti, le leggerò molto volentieri.